mercoledì 11 aprile 2018

Intervista a Fabio Mengozzi

Un pianista oltre confine

Compositore e pianista astigiano, Fabio Mengozzi già da giovanissimo è risultato vincitore di numerosi concorsi pianistici sia a livello nazionale che internazionale.
Diplomatosi in pianoforte con il massimo dei voti sotto la guida del famoso pianista Aldo Ciccolini, ha ottenuto il diploma in direzione d'orchestra e in composizione con il massimo dei voti, per poi perfezionarsi in composizione all'Accademia di Santa Cecilia a Roma.
La sua musica ha deliziato i presenti in importanti rassegne come al Teatro Dal Verme di Milano, al Piccolo Regio “G.Puccini” di Torino e in tanti altri in Italia e all’estero.

Fabio, come e quando hai iniziato a suonare?”.
Mi sono avvicinato alla musica prestissimo, intorno ai quattro anni. Passavo il mio tempo a suonare la tastiera che avevamo in casa e riuscivo a riprodurre, ad orecchio, ogni brano che ascoltavo. Avevo anche appreso autonomamente la notazione musicale e componevo brani. Mia madre pensò allora che potessi avere una certa predisposizione e così mi iscrisse ad una classe di pianoforte. Da quel momento iniziò il mio percorso di studi, inizialmente sotto la guida della professoressa Vittoria Moraschi e successivamente col famoso pianista Aldo Ciccolini”.

C'è stato un avvenimento particolare che ha segnato il tuo percorso?”.
La vita è un continuo succedersi di eventi e credo che ognuno di essi finisca per influenzarci, anche se ne siamo perlopiù inconsapevoli. Posso dire che ad un certo punto mi sono seriamente interrogato su quale potesse essere la vera ragione del mio fare musica. Per la composizione avevo condotto studi approfonditi sia al Conservatorio che in ambito accademico e quindi sapevo destreggiarmi con tutte le tecniche del passato e del presente. Però nonostante avessi ottenuto riconoscimenti, attestazioni di stima ed esecuzioni in sedi importanti, avevo dentro di me la certezza di non aver lavorato del tutto bene, in quanto la mia musica non esprimeva appieno la mia interiorità”.

E dopo cosa accadde?”.
Iniziò per me un periodo di riflessione e compresi che la via di un artista non può che essere quella della libertà da ogni vincolo. Un musicista deve guardare prima di tutto dentro se stesso, cercando di riconoscere la propria via e l'essenza più profonda del proprio essere ed avere il coraggio di divincolarsi dai pur pesanti condizionamenti e retaggi culturali. Ora la mia musica nasce libera e non so se piaccia di più o di meno, ma dovevo rispondere a questo imperativo morale e l'ho fatto”.

Qual è il tuo ultimo disco?
Recentemente ho pubblicato ‘Mistero e poesia’, con l'etichetta Stradivarius. Il CD raccoglie 18 composizioni per pianoforte, da me interamente composte ed eseguite. Il titolo fa riferimento a due temi preminenti nella mia ricerca compositiva: il mistero che avvolge ogni cosa e la poesia. Entrambi si compenetrano nei brani e proiettano l'ascoltatore verso un orizzonte spirituale. Il disco è appena uscito e sto ricevendo pareri molto positivi dagli ascoltatori, anche da coloro che non sono avvezzi ad ascoltare la musica ‘classica’. Cnon può che farmi piacere, perché credo che la musica possa riuscire a rivolgersi a tutti”.

Il tuo sogno nel cassetto?”.
Potrei mentire e dare una risposta di circostanza, dicendo che mi piacerebbe varcare i palcoscenici più prestigiosi, dirigere l'orchestra più strabiliante al mondo oppure raggiungere la notorietà. Ma la verità è che tutto ciò non è tra i miei obiettivi. Il mio fine è adoperarmi per creare musica e farlo nel modo più profondo e sincero; tutto qui. Non ho cercato, né mai cercherò allori o chimere; certamente il successo fa piacere, ma solo se è la conseguenza della dedizione all'arte. Quindi, per rispondere alla tua domanda, posso dirti che non ho un sogno nel cassetto, ma tanti piccoli sogni che si realizzano ogni volta che sento di aver compiuto il mio dovere: guardare dentro me stesso e portare in superficie, sotto forma di suoni, la mia vera essenza".
                                                                           Elisabetta Ciavarella


Link per ascoltare i brani:

- video del brano “Rivo di cenere” da Youtube:
https://www.youtube.com/watch?v=piSVtuU-6nA

- video del brano “Reverie IV” da Youtube:
https://www.youtube.com/watch?v=A8PjlqVYiCI

Informazioni di contatto:
https://fabiomengozzi.wixsite.com/fabiomengozzi


https://www.facebook.com/FabioMengozziCompositore


venerdì 6 aprile 2018

Intervista a Gino Sciagura

Un romanzo per sorridere e non arrendersi
Gino Sciagura e I ragazzi delle Casermette

Leggere un libro a volte può risultare divertente e spassoso, a volte malinconico, ma se per alcuni scritti il tempo impiegato nella lettura diventa piacevole, per altri sembra proprio non dover passare mai.
Un libro quello che ho letto invece, “I ragazzi delle Casermette”, che all’inizio non immagino dovesse entusiasmarmi tanto. Non credevo di doverlo leggere tutto di un fiato e che storie così avvincenti potessero lasciarmi una tale curiosità dal sospendere alcune azioni quotidiane, a volte anche necessarie, per sedermi e capire come e dove andassero a finire certe vicende…
Complice di questa voglia di lettura sicuramente il linguaggio semplice, con frasi brevi e descrizioni sì minuziose, ma immediate, tanto da trascinare una lettrice come me, a volte distratta da altri pensieri, in situazioni da vivere quasi in prima persona.
Il fatto poi di essere un libro autobiografico e di aver conosciuto personalmente l’autore, ha accresciuto ulteriormente talune curiosità, del tipo “Possibile che sia capitato proprio questo all’autore?”.
E lo incontro nuovamente...è Gino Sciagura, uno scrittore foggiano alla sua prima prova letteraria.

Gino, come mai la nascita di questo libro?”.
Veramente ho sempre desiderato scriverlo… lo avevo già ben in mente, solo che non avevo il tempo, ma quando ho potuto, mi sono subito messo all’opera”.

Il tuo scritto parla di una storia vera, quale?”.
Sì, tratta del periodo dopo il secondo conflitto mondiale, quando a causa della miseria in cui vennero a trovarsi alcune famiglie, ci fu la possibilità per circa duecento di esse di essere alloggiate nella parte inutilizzata delle Casermette di Foggia. Lì il mio incontro con un ragazzo affetto da un problema di disabilità che mi ha insegnato e trasmesso moltissime cose, tra cui la forza e la caparbietà nell’affrontare le situazioni difficili, la speranza affinché tutto si risolva sempre per il meglio e soprattutto il coraggio… ricordo quanto fosse estremamente valoroso, nonostante la sua condizione”.

Eh lo so Gino... certe scene mi hanno commossa... Invece l’altra figura che compare nel tuo libro, cioè il Capitano, cosa ti ha insegnato?”.
Il Capitano mi ha aiutato a comprendere la vita e sebbene fossi solo un ragazzino, ha fatto sì che non mi arrendessi e trovassi quella coscienza per affrontare situazioni che solo un piccolo ‘uomo’ avrebbe potuto accettare”.

Sono curiosissima se ci sarà un seguito”.
Al momento lo sto elaborando...”.

Allora ti auguro di pubblicarlo al più presto! Devo anche confessarti che, leggendo una frase sull’ultima pagina del libro… (lo so non si dovrebbe mai leggere prima la fine…) appare una tua considerazione in cui affermi che mentre pensi che sia impossibile lasciare il posto dove sei nato, così come gli amici, all’improvviso tutto può cambiare, prima non capivo, poi ne ho compreso il perché...”.
Certo Elisabetta, la natura ha pensato a tutto, anche a dotare l’uomo di un senso di sopportazione e di adattamento che nei momenti di sconforto e di dolore serve a dare oblìo e a superare i momenti più difficili. Tutto cambia, tutto può cambiare nella vita… questa è la regola e bisogna adattarsi”.

Grazie Gino per l’insegnamento...”

                                                                    Elisabetta Ciavarella  

Antonio Infuso ed il suo secondo libro



Suicidi al sorgere del sole- La seconda indagine del commissario Vega” (Intrecci Editore), è la seconda opera letteraria di Antonio Infuso, giornalista torinese laureato al DAMS/Cinema ed attualmente addetto stampa presso un ente locale.
Da oltre trent’anni dedito al giornalismo, ma anche con un passato da speaker radiofonico, ha già scritto un romanzo nel 2015, con oltre 4.000 copie vendute tra ebook e cartaceo, “Il Commissario Vega – Indagine di sola andata

Antonio, il tuo libro di cosa tratta?”.
Tratta del suicidio di dieci uomini, ognuno preceduto dall’omicidio di una donna, tra compagne, fidanzate, mogli, amiche. Il rituale con cui si tolgono la vita è sempre lo stesso... all’alba di un solstizio o di un equinozio… ma meglio non svelare altro... Dato poi che da tempo la Omicidi di Torino è inutilmente a caccia del regista del tragico rituale, l’ultima speranza è Stefano Vega, un ex-commissario che vive a Cuba con due ex poliziotti della sua squadra e torna a Torino proprio per investigare sui casi.

Cosa ne pensi della giustizia e del suo trionfo?”.
Ritengo che nell’eterna battaglia tra il bene e il male, occorre a volte fare delle scelte drastiche e discutili. La giustizia, quella vera, ha sempre necessità di una spinta cinica, ma onesta ed anche se il mio Commissario a volte è costretto a varcare i confini etici, in una Torino bella e dannata, alla fine cerca di farla trionfare.

Come descriveresti il Commissario Vega?”.
Un uomo ironico, irrispettoso delle regole, a volte poco etico, ma certamente onesto e dunque con un profondo senso della giustizia. Vega è il più americano, in senso chandleriano, dei poliziotti italiani. Ma è anche il più mediterraneo”.

Perché la presenza di Vega anche nel secondo libro?”.
Ebbene Vega è un personaggio così ben delineato da poter divenire facilmente il protagonista di numerosi libri di genere”.

E dato il successo riscontrato, un augurio all’autore Antonio Infuso, affinché tale personaggio riscuota sempre più consensi e risolva nuovi ed entusiasmanti casi per gli amanti del genere.

                                                                 Elisabetta Ciavarella

venerdì 9 febbraio 2018

Intervista a Vito Guardo

Vito Guardo e le sue sculture


Nato a Catania, Vito Salvatore Antonio Guardo è un artista che si cimenta con molta passione nella scultura.
Diplomatosi all’Istituto d’Arte di Catania e laureatosi presso l’Accademia delle Belle Arti di Roma, inizia ben presto ad esporre in numerose personali e collettive presso Palazzi, Musei e Gallerie, ottenendo diversi riconoscimenti.
Tantissime le sue opere realizzate in legno, resina, pietra lavica, marmo e bronzo; sculture sia a tema religioso che riproduzioni di nudi femminili e di vari soggetti.

Vito, ma quali sono i materiali che preferisci utilizzare per le tue creazioni e perché?”.
Premetto che è come se fossi nato in bottega, dove ho respirato fin da bambino profumi di essenze, dell’ulivo, del cipresso e dell’arancio. Devo pure dire che nel laboratorio di mio padre sono cresciuto con il rigore degli antichi maestri. Il legno è stata la mia prima materia, poi crescendo e studiando mi è venuta voglia di provare materie sempre più dure e difficili, come marmi e pietre, fino al basalto dell'Etna.”.

A grandi linee ti risulta più semplice realizzare un'opera piccola o una di grandi dimensioni?”.
Naturalmente il grande comporta maggiori difficoltà, ma la passione non conosce ostacoli!

Le tue creazioni sono il frutto di notevole impegno, impiego di tempo, pazienza e lavoro manuale. C'è stata un'opera che ti ha sfinito fisicamente?”.
Ebbene sì, la ‘Nascita di Venere’ sicuramente è l'opera che mi ha veramente sfinito. Pensa che quando ho iniziato, nei cantieri di lavorazione della pietra lavica, mi prendevano per matto! Ero alle prese con sei tonnellate di pietra durissima...

Quale, ammesso ce ne sia uno, tipo di materiale non hai mai scolpito e ti piacerebbe lavorare in futuro?”.
Sicuramente mi piacerebbe provare a lavorare l'acciaio inox”.

La tua opera più grande e quella più piccola?”.
Come ti dicevo ‘La nascita di Venere’ finora è stata la mia opera più grande. Riguardo quella più piccola non ricordo bene, ne ho fatte talmente tante, quali volti e figure in miniatura ed anche piccolissimi bassorilievi”.

Per diventare uno scultore bravo, quali doti occorrono e cosa consigli a chi intenda avvicinarsi a tale tipo di arte?”.
Alla base occorrono talento per il disegno e manualità. Poi tanto studio e lavoro, frequentare bravi maestri, conoscere la storia dell'arte ed il nostro passato, ma soprattutto grande passione e perseveranza”.

Cosa la scultura non potrà mai darti e cosa invece solo essa può donarti?”.
Anche se diventare benestanti con la scultura è molto difficile, a me personalmente ha dato tutto ciò che mi serve realmente. Solo essa può donare emozioni uniche”.

L'opera in cantiere, se puoi dirlo?”.
La mia mente è molto ricca di idee riguardanti future opere da creare. Da tempo sto studiando come realizzare un grande Polifemo in pietra lavica, pure se penso che forse resterà solo un sogno, proprio perché trattasi di un'opera ‘ciclopica’...

La maestosa scultura posta al centro della rotatoria di via Gramsci, all’ingresso di Gravina di Catania, una donna che rappresenta i quattro elementi (terra, aria, acqua e fuoco), interamente scolpita da te a mano e con un diametro di circa due metri e mezzo, in pietra lavica dell’Etna, ha preso il posto di un masso in materiale sintetico,  prima posto. Un bel giorno, gli automobilisti si sono accorti che la fascinosa opera indossava un coloratissimo bikini… Ciò ti ha infastidito?”.
No, non mi ha infastidito. La polizia municipale subito si è adoperata per rimuoverlo. Si sono fatte varie supposizioni sul motivo del gesto; credo si trattasse solo di un gioco o di una scommessa o forse un modo per apprezzare l'opera… Una goliardata insomma, ma devo ammettere che il costume le calzava a meraviglia..."


sabato 27 gennaio 2018

Intervista a Giusy Del Grosso


Quando l’Arte si fa Donna.
Giusy Del grosso si racconta

Giusy, cosa significa per te la pittura?”.
La pittura per me è imprimere sulla tela un mondo in cui perdermi, dove poter rappresentare, attraverso colori e forme, le mille emozioni che provo o che ho provato in un determinato periodo della mia vita”.

Quando e come hai iniziato a dipingere?”.
Ho cominciato a disegnare sin da bambina. La maestra esigeva un disegno in ogni elaborato di italiano ed io mi impegnavo più nel disegno che nel compito stesso. I primi quadri li ho realizzati verso i 12 anni, quando un amico di famiglia, anche questi pittore, mi regalò una tela, un paio di colori e quattro pennelli spelacchiati e fino al matrimonio non lasciai mai i pennelli. Poi, la casa piccola che non mi dava spazio e l'arrivo di mio figlio che impegnava le giornate, mi fecero lasciare definitivamente i pennelli. Negli anni però, insegnavo mio figlio a colorare, ad amare l'arte e gli raccontavo sempre di questa mia passione che avevo abbandonato, fino a quando non fu lui stesso, circa sei anni fa, a regalarmi una scatola di colori invogliandomi a ricominciare e a dimostrare per davvero quello che dicevo di saper fare. Così ho riaperto quel ‘cassetto dei desideri’ e mi sono rimessa all'opera. Nel frattempo, per acquisire tecniche e generi, mi sono iscritta al Liceo Artistico che offriva un corso serale per la durata di tre anni e con l'aiuto della mia famiglia, che mi ha sostenuta, supportata e ‘sopportata’, sono riuscita a conciliare lavoro e scuola e a conseguire la Maturità Artistica che, oltre ad una buona cultura generale che non guasta mai, mi ha aperto un mondo nuovo e l’ho voluto subito sperimentare.

Quali tecniche o tipo di colori utilizzi maggiormente?”.
Mi sono divertita a utilizzare diverse tecniche pittoriche, dagli affreschi agli acrilici, dalla sabbia all'aerografo a bocca, rappresentando paesaggi e figure, ma nel mio percorso ho sempre prediletto i colori ad olio.
Hanno, a mio parere, una corposità e una lucentezza che altri materiali non danno e poi, a differenza degli altri, riesco a stenderli in modo tale da riuscire a creare delle sfumature che adoro e che soddisfano le mie aspettative pittoriche”.

Credi che un’opera, per attirare l’attenzione in chi la osservi, debba far leva più sui colori o sull’oggetto raffigurato?”.
Io credo che un'opera nasca, non perché è stata commissionata o perché è il pittore che l'abbia decisa sin dall'inizio, ma perché c'è qualcuno (già destinato dal fato) che si perderà in un particolare ed è quel particolare che farà di quel dipinto un'Opera d'arte. Che possa essere il colore, il dettaglio di una mano, di un viso o di un drappeggio… Si può rappresentare alla perfezione una figura, un paesaggio o accostare dei colori per contrastarli o amalgamarli, ma se non c'è quel ‘punctum’, resta un'opera, pure se ben eseguita, priva di emozioni. Forse è anche questa la differenza che c'è tra un pittore e un artista; riuscire a creare quel punto di evasione”.

Cosa ti piace in particolar modo rappresentare?”.
Adoro rappresentare la figura, principalmente femminile, non tanto per mostrare un corpo sinuoso, quanto per rappresentare un'emozione.
L'espressione del viso, l'intensità di uno sguardo, usare una posizione anziché un'altra per evidenziare uno stato d'animo come la tristezza, la passione, la dolcezza…

Sei bravissima nello scrivere versi. Cosa secondo te, differenzia la pittura dalla poesia?”.
Per me, la pittura e la scrittura sono la stessa cosa, vista da punti diversi ed espressa in tempi opposti. Ovvero, quando dipingo mi alieno dal mondo, non esiste nulla intorno a me e il tempo si ferma. Non ci sono pensieri, problemi, impegni da svolgere. È un ‘liberare totalmente la mente’ e questo processo dura tutto il tempo della realizzazione dell'opera. Quando scrivo invece, è perché sono immersa nel mondo.
Il tempo scorre alla velocità della luce portandomi al passato, ad un futuro che vorrei o in un'altra dimensione dove riesco a guardare il tutto con occhi diversi. La mente si inonda di pensieri che spingono per venir fuori ed è in quel momento che esprimo ogni sensazione che mi sfiora dentro e in quel preciso istante scrivere è un ‘liberare totalmente l'anima’”.

Quali i tuoi prossimi impegni e progetti?”.
Nei prossimi giorni verrà pubblicato il mio primo libro, ‘A metà per una vita, tra sogno e realtà’, una raccolta di brevi prose e poesie. Un libro in cui esprimo in versi e in rime tutta una vita vissuta in un mondo immaginario e una cruda realtà. Mi impegnerò a presentarlo in varie regioni e spero piaccia, nel frattempo continuo a lavorare su un mio personale progetto pittorico che prevede la realizzazione di otto opere che rappresenteranno i sette vizi capitali attraverso figure e simboli.
Non appena saranno pronte comincerò a mostrarle al pubblico.

Giusy, ma per te il colore della vita qual è?”.
Non ho un solo colore che possa rappresentare la mia vita.
Ci son stati periodi rosa così come non son mancati quelli neri.
Al momento potrei dire che il colore della terra, in particolar modo l'ocra, morbida, naturale e semplice, è quello che più sento appartenermi.
Quel colore della terra in cui ho seminato fino adesso e che spero, da ora in avanti, possa darmi qualche frutto”.

Te lo auguro con tutto il cuore.

                                                                          Elisabetta Ciavarella

Intervista a Nicola Capasso

Nicola Capasso, artista napoletano

Come e quando hai iniziato a dipingere?”. 22
Ho incominciato a dipingere all'età di 40 anni, quando la nausea morale di 30 di impegno politico serio è arrivata al culmine della sopportazione anche per un Esseno Marxista”.

Chi sono i Maestri pittorici del passato che ti affascinano e a cui ti ispiri?".

Il Rinascimento è stato un periodo di risveglio delle coscienze a tutti i livelli del sapere umano; nell'ambito strettamente pittorico gli artisti che hanno avuto un'influenza su di me sono Leonardo Da Vinci, Raffaello e Michelangelo tra i principali. Tuttavia nel corso dell'apprendimento strutturale del colore si sono inseriti i rappresentanti della scuola veneta, da Tiziano al Veronese per ammirare gli Angeli di Lotto, ma con questi già ci troviamo nel tardo Rinascimento, per poi ammirare la genialità del grande Caravaggio, il maestro per eccellenza della luce”.


Cosa ne pensi dell'Arte Contemporanea?”.
Con il termine di Arte Contemporanea si abbraccia tutta la capacità concessa ad un essere ‘intelligente’ come l'uomo di esprimere il suo punto di vista. Per me l'arte contemporanea può essere rappresentata anche dai geroglifici del neolitico”.

In quale luogo vorresti che venisse esposta una tua opera?“.
Sulla facciata di un grattacielo, tipo la mia opera L'ultima cena al fosforo bianco acrilico”.

Come sei approdato alla scrittura?”.
Partecipando a dei premi letterari promossi nelle fasi di impegno politico culturale, quando esistevano ancora le sedi politiche dei partiti e si utilizzavano le strutture pubbliche per avvicinare i cittadini alle attività pubbliche. Quindi la scrittura ha avuto per me un ruolo fondamentale perché con i primi tazebao scritti con il colore della passione, ho incominciato ad esprimere le mie idee. Successivamente dopo una fase di letture: dalla saggistica filosofica a quella scientifica per poi quella narrativa teatrale ai classici di Platone, ho iniziato a scrivere qualcosa, quindi potrei definirmi un neonato scrittore che urla la sua verità”.

Un tuo progetto a breve?”.
Vengo già da una fase di impegno; lo scorso maggio 2017, nell'ambito del Maggio dei monumenti Napoletani, l'associazione Incontri mi ha dato la possibilità di esporre alcune delle mie opere nella bellissima Chiesa di Donna Romita nel cuore di Napoli. Tuttavia come prossimo progetto mi piacerebbe molto se pubblicassero il mio libro: ‘Cena a lume di fine del mondo’. Ho inviato il file del libro a delle case editrici ed attendo delle risposte, però sono aperto a qualsiasi possibilità, l'importante è comunicare, non importa il supporto, noi corriamo ad una velocità astronomica nello spazio tempo per trasmettere amore e conoscenza, siamo degli ologrammi cosmici di luce”.

Cosa ti auguri dall'attuale politica?”.
Per uno che si è fatto tutti gli anni settanta tra decine di manifestazioni e di comizi (senza essere stato mai eletto, elettoralmente ho sempre preso 92 voti in 30 anni di elezioni), per non parlare dei concerti di musica vera a cui ho assistito, non mi resta che augurare a tutti i fratelli italiani un attimo di consapevolezza, illuminato da quella luce che fa vibrare le corde della coscienza e votare i ragazzi del Movimento Cinque Stelle. É l'ultimo respiro democratico che la Storia ci concede, non sprechiamolo. (io mi sono sempre schierato perché sono un figlio della luce e non mi interessano le vie di mezzo)”.
                                                                    Elisabetta Ciavarella
ne pensi dell'Arte Contemporanea? 4) In quale luogo vorresti a di 2) Chi sono i Maestri pittorici del passato che ti affascinano e a cui ti ispiri? 3) Cosa ne pensi dell'Arte Contemporanea? 4) In quale luogo vorresti che venisse esposta una tua 

ne pensi dell'Arte Contemporanea? 4) In quale luogo vorresti o a di 2) Chi sono i Maestri pittorici del passato che ti affascinano e a cui ti ispiri? 3) Cosa ne pensi dell'Arte Contemporanea? 4) In quale luogo vorresti che venisse esposta una tua o

venerdì 16 giugno 2017

Maria Teresa Infante intervista Elisabetta

Inter-svista a Elisabetta Ciavarella, a cura di Maria Teresa Infante. Perché a “noi ci piace”ridere

“Conosciamo il tuo lato pubblico. Vorremmo conoscere anche il lato B, (così sale l’attenzione e leggono l’intervista). Chi è Elisabetta Ciavarella quando non veste abiti da giornalista?”.
Sono una semplicissima persona, umile e cortese con tutti”.

“E che abiti veste sotto quelli da giornalista e da donna? Nero o bianco, tigrato o leopardato, coulotte o brasiliane? Puoi avvalerti della facoltà di non rispondere, ma poi cala l’audience”.
Preferisco intimo di pizzo nero”.

“Tacchi (fino a che cm resisti?)/ o mocassini e/o running? Riesci stringere a dovere i lacci? Dovendo scegliere; allacciare o sciogliere? Preferisci tenere stretto qualcuno ad ogni costo o lasciare andare, seppur con sofferenza?”.
I tacchi li resisto fino alle stelle…sono persino abituata a guidare con i trampoli. Ma mi trovo maggiormente comoda con le zeppe, soprattutto in estate.
Non mi piace avere scarpe con i lacci, perché mi danno un senso di costrizione. Preferisco sciogliere e mai tenere stretto qualcuno. Non esiste proprio nella mia indole”.

“Ricordo una vecchia pubblicità del Carosello, forse primi anni ’60 con la bellissima Virna Lisi ‘Lei con quel sorriso può dire ciò che vuole’. Il sorriso di Elisabetta ammalia; la bellezza quanto aiuta in una professione a contatto con il pubblico?”.
Forse da giovanissima consideravo l’estetica una carta da saper giocare. Oggi non lo credo più. A mio avviso, in una professione, conta molto il sapersi destreggiare caratterialmente. Un atteggiamento astioso o imbronciato, non potrebbe arrivare lontano. Ma c’è una carta, ormai ho compreso… con cui si  arriva ancora più lontano! La raccomandazione. Con o senza sorriso”.

“Sei stata più amata o hai più amato? Hai lasciato o sei stata lasciata? Insomma facci sapere un po’ di quelle banalità stile romanzi di Liala. Sarà che leggiamo Catullo, Sepulveda e Montale, ma quanto ci garba impicciarci!”.
Non ho una vita sentimentale ingarbugliata, mi spiace deludere la tua curiosità… Sono insieme alla stessa persona da quando non ero ancora maggiorenne”.

“Come ama Elisabetta. Cuore/mente  (secondo te è il cuore che mente o è la mente che non ha cuore?),
Figliola, quante volte al giorno, o a settimana, o al mese…
Forse conosco la risposta, gli scrittori scrivono di notte!”


Amo solo con il cuore, anche se credo che l’amore nasca prima da un incontro tra due menti. Poi le menti arretrano ed entrano in gioco svariati sentimenti. L’amore lo considero complesso. Per il resto, vuoi sapere troppo…”.

“Torniamo seri. Perché il giornalismo? Passione, ripiego, casualità, o fede nel potere della parola?”.
Volevo diventare giornalista sin da bambina. Ho ancora in un cassetto il mio primo tema scolastico in cui affermavo questo desiderio. Per la parola invece, credo che abbia un grandissimo potere  e quando si traduce in uno scritto, diventa un’espressione incommensurabile”.

“Se si potesse, in quale donna del passato vorresti reincarnarti? A proposito, credi nella metempsicosi?”.
Se si potesse, preferirei reincarnarmi in una tranquilla cortigiana, dedita alla lettura.
Non credo assolutamente nella metempsicosi”.

“Potremmo reincarnarci anche in un animale. Quale sceglieresti? Non ti chiedo in quale uomo altrimenti decadrebbe la risposta nr 2”.
Se proprio dovessi reincarnarmi in un animale, preferirei in un gabbiano, per i miei sogni su ed oltreoceano”.

“Il tuo rapporto con Dio”.
A volte conflittuale. Purtroppo non riesco a trovare una risposta all’infinita cattiveria di cui l’uomo può essere capace, oltre all’invidia”.

“Il tuo rapporto con il cibo. Dolce o salato. Gelato al cioccolato (senza Pupo) o alla frutta per prevenire i devastanti effetti menopausa a cui siamo irrimediabilmente destinate? Non è che i maschietti se la passino meglio con le pancette “over cintola”, è che loro non vestono i tubini!”.
Non ho mai amato mangiare la carne, sin da ragazzina. La evito del tutto Per la frutta devo sforzarmi di mangiarla, perché non mi piace particolarmente. Via libera a pizze, taralli e formaggi. Invece, ahimè, per i dolci vado pazza…e di tutti i tipi!”.

“Il tuo rapporto con me dopo questo scherzo che ti ho combinato, sarà ancora possibile prendere un gelato al cioccolato insieme? Magari aggiungiamo il pistacchio. E magari una bella spruzzata di panna. E la cialda… e si paga alla romana, come sempre. Che poi chi lo dice che  ‘sta povera romana preferiva pagarsi le cene da sola?’. Secondo me è una voce messa in giro da qualche maschietto dal braccino corto. Sarà che sono di parte, ma quanto mi piace l’uomo che offre. Lo considero un gesto di attenzione e di eleganza.  E tu?”.
D’accordo, vada per il gelato al cioccolato e pistacchio, ma per me senza panna. Per l’uomo che offre, non so, sono più per la parità. Una volta a testa già per me sarebbe giusto”.


Ciao Elisabetta e grazie!
Grazie a te Maria Teresa!






domenica 21 maggio 2017

Intervista a Maria Teresa Infante

La poesia è un potente mezzo di comunicazione tra il corpo e lo spirito”, Maria Teresa Infante si racconta

Maria Teresa Infante, di San Severo, in provincia di Foggia, non solo è una bellissima donna, ma ha tutte le armi per combattere e destreggiarsi nel labirintico mondo letterario, oltre ad una sensibilità innata e un piglio intelligente che sa sfoderare con fascino mentre interloquisce. Sarà sicuramente uno di quei nomi che si ricorderanno tra gli scrittori della cittadina pugliese.
Una persona fin troppo umile, fregiata di titoli ed onorificenze ben meritati. Organizzatrice di eventi culturali e artistici a cui sa presenziare con padronanza linguistica, compostezza ed eleganza, nonché membro di Giuria di vari concorsi poetici. Attualmente vice Presidente dell’Associazione Culturale L’Oceano nell’Anima e Responsabile del settore editoriale della stessa, L’Oceano Edizioni. Collaboratrice del giornale Il Corriere di San Severo e di vari siti telematici.
I suoi scritti sono stati inseriti in svariate Antologie. Tra i numerosissimi premi ricevuti, difficili da elencare, nel 2015 il Premio giornalistico Mario Dell’Arco/Accademia G. Belli; nel 2016 il Premio Zingarelli per la poesia inedita con Senz’alba (mai nato) ed il Premio Lupo sez. Narrativa 2016 con il racconto Il richiamo – L’appartenenza. Il 25 novembre 2016 Amnesty International sceglie due versi di Agnese, poesia sullo stupro da parte del branco, inserita nella silloge C’è sempre una ragione, come simbolo contro la violenza di genere. I versi sono stati impressi sul MURO a Busto Arsizio, insieme ad opere di artisti e scoperti durante l’inaugurazione.
“Maria Teresa, tra le tue pubblicazioni?”.
Ho pubblicato 4 sillogi poetiche di cui, l’ultima IL VIAGGIO  (ediz Oceano) che è stata anche tradotta in Serbia, con il titolo Oblaci i tišina ed ho pubblicato come curatrice e ideatrice una trilogia contro la violenza di genere Ciò che Caino non sa, un progetto durato tre anni con pubblicazioni annuali, sottotitoli: La Tela di Penelope 2014; Odi et amo 2015; Amore e Psiche 2016, che ha coinvolto circa 150 autori sparsi nell’intera penisola. Adrenalinica invece per il mio primo romanzo 'Il Richiamo', Oceano Edizioni, appena pubblicato e annunciato in anteprima al Circolo Unione di Lucera, durante la presentazione dell'antologia letteraria del Premio Lupo 2016 (dal Presidente Pasquale Frisi), in cui è contenuta la versione ridotta che fu premiata lo scorso anno. Era nell'aria un romanzo tutto mio, dopo le varie incursioni con racconti brevi in antologie di narrativa ed ho voluto esordire partendo da ciò che più conosco e mi appartiene: storie del Sud, storie di casa, tra realtà e fantasia. Un richiamo nel riconoscerci, ricordando".
“Ricordi quando hai iniziato a creare con la tua penna?”.
Sai Elisabetta, si fa sempre fatica a stabilire un inizio perché le cose accadono in maniera naturale, senza che ce ne rendiamo conto, se non quando siamo già ben addentrati nel cammino. La mia penna inizialmente era la mente, creava da sempre ma non riusciva a trovare la chiave di lettura dei miei pensieri né la maniera per concretizzarli. Tante cose erano chiare, sapevo cosa avrei voluto dire, ma non sapevo come. Siamo abituati a vederci come carne e ossa e magari un paio di scarpe nuove, consideriamo le elucubrazioni mentali un optional; possono esserci o meno, sembra essere ininfluente. Fin quando non ti accorgi di essere scollegata da te stessa se non trovi un senso per abitare il tuo corpo. Per caso mi sono avvicinata alla poesia, scoprendo che poteva essere sfiorata e non solo adorata o odiata, come ai tempi della scuola e ho intuito la sua immensa capacità espressiva. La poesia è un potente mezzo di comunicazione tra il corpo e lo spirito, un ponte che mette in contatto me e l’altra parte di me; così ho trovato il collegamento tra corpo e mente. L’Io è diventato servitore, alla sua mercé. La penna  non ha fatto altro che armare la mano, animata da un impulso sconosciuto. Emmm .. brevemente: ho cominciato a mettere su carta circa 10 anni fa, tenendo tutto sotto chiave, poi è arrivata la vena d’incoscienza”.
“Hai altre passioni oltre alla scrittura?”.
Ne avevo tante, ma la scrittura le ha falciate tutte: egoista, egocentrica penna o tastiera! Mi ha, però, risparmiato la lettura, senza la quale non vivrei. Ho sempre ‘divorato’ libri; trovo adatta questa espressione in quanto i libri da leggere non sono mai stati abbastanza nella mia vita, compiendo tutto l’iter, da Topolino e Minnie ai grandi classici e quando rimanevo a secco, riprendevo i testi scolastici per rinverdire la memoria. Tra le mie vecchie passioni c’è il volley praticato per circa 12 anni e nei ritagli di tempo amavo pattinare. Mi piaceva suonare la chitarra, ma ho dovuto rinunciarvi ben presto; inutile, non era nelle corde delle mie dita, sempre sofferenti. Altra grande passione la pizza, le sfogliatelle napoletane e i cannoli siciliani (e così ho unito l’Italia meglio di Garibaldi)”.
“Quali sono i momenti più propizi per scrivere?”.
Sono esattamente le 2,36 in questo momento. Per ascoltarmi ho bisogno di silenzio e della luce notturna; la notte ha una luce che il giorno non ha. Illumina la coscienza, gli spazi più profondi del tuo essere, in cui sei veramente e solo tu, spazzando via tutto il resto. La notte ti riporta in te stessa, ti restituisce la libertà ricercata. In questo momento siamo io e te, è come essere sedute l’una di fronte all’altra, vivo la situazione; ecco, di notte io vivo e sento qualunque cosa scriva. Non saprei fare altrimenti, se non sento, non ascolto le voci, non scrivo”.
“Il lettore va conquistato. Cosa credi che possa maggiormente sedurlo: una frase in cui possa sognare immedesimandosi nello scritto o una frase che possa ricordargli qualcosa di bello e di brutto o in entrambi i casi?”.
Quando scrivo non penso mai che qualcuno in seguito possa leggermi altrimenti non riuscirei ad essere vera, inoltre scrivo sempre di getto, su qualunque argomento, mai prefissato, ma frutto di una necessità del momento, che sia poesia o prosa. Mai nulla è studiato o pensato e accade che condivida i miei pensieri anche a distanza di mesi laddove lo reputi necessario, quindi mai programmato. La condivisione diventa motivo di confronto e arricchimento; è socializzante, aggregante. E poi tu parli di seduzione… son passati i bei tempi, chi vuoi che seduca, ormai, alla mia veneranda età?”.
“Ti sottovaluti… Oggi molti si cimentano nella scrittura. Qual è lo scoglio maggiore che un autore incontra nella pubblicazione di una sua opera?”.
Lo scoglio maggiore è la scelta di una casa editrice che segua l’autore, soprattutto se esordiente, perché oggi pubblicare è diventato relativamente semplice visto il proliferare di editori. Il richiedente, disorientato, spesso cede a lusinghe e promesse che puntualmente vengono disattese e nonostante cifre di tutto rispetto corrisposte, viene lasciato in balia di se stesso. Ne fui vittima alla mia prima pubblicazione quindi so di cosa parlo. Dopo aver pagato non risposero più neanche alle mail o alle telefonate e non ebbi mai neanche la miseria delle percentuali sulle vendite. Nessuna tutela. Esiste un marasma generale poco regolamentato, ma è anche vero che le grandi case editrici non aprono le porte agli esordienti, non vogliono rischiare nulla e non vanno più a caccia di talenti da scoprire, puntano sulle certezze dei soliti noti, che a loro volta campano di rendita, non raramente deludendo il lettore. Il lettore non è stupido, ha bisogno di nuovi stimoli e originalità. L’esordiente resterà esordiente a vita, anche se non gli mancherà lo spazio per i suoi lettori; per fortuna il mondo è vasto e vario. Basta sapersi accontentare, restare con i piedi saldamente piantati a terra. D’altronde scrivere è un piacere, una passione, quando arrivano i riconoscimenti è tutta manna dal cielo”.
“L'Associazione l'Oceano nell'Anima, che ti vede partecipe, come si pone nei confronti degli autori?”
L’Oceano Edizioni nasce proprio con l’intento di avvicinarsi agli autori e rendere loro accessibile il mondo delle pubblicazioni, mantenendo allo stesso tempo, standard di serietà e professionalità. Siamo relativamente giovani e questo ci motiva ad operare al meglio nel cercare ogni volta di migliorarci, ma, aspetto non trascurabile è che abbiamo un volto e un nome -non siamo un’entità- con un progetto editoriale trasparente e chiaro fin dai primi approcci e siamo a diretto contatto con i nostri autori, interagendo continuamente nelle varie fasi della lavorazione del testo. La disponibilità nel seguire e consigliare l’autore credo sia fondamentale”.
“Nella tua opera d'esordio Il Viaggio, tratti diversi viaggi. C'è un viaggio che sogni di fare? Ed un viaggio che vorresti percorrere, ma sai che sarà impossibile?”.
Un titolo che è tutto un programma, un tema proposto spesso nella letteratura antica e che io ho amato riprendere, perché pur nell’omologazione, l’originalità dipende dal nostro modus operandi; mi spiego: in tanti hanno sempre parlato del viaggio interiore, ma ogni percorso individuale è unico nella sua specificità, col suo dilatarsi nello spazio e nel tempo, con conoscenze assolutamente soggettive. Se ho un viaggio nel cassetto? Non uno, ma mille, meglio abbondare. Alcuni li ho intrapresi da tempo e non so ancora dove mi porteranno; in fondo l’importante è partire; alcuni si sono arenati e chissà, ma difficilmente mi volto indietro. Credo che ciò che non è stato non lo sarà mai. Inoltre non ho un posto particolare che desideri visitare; mi sento a casa in ogni luogo”.
“Quali sono i tuoi impegni attuali? E futuri?”.
La pastiera napoletana! Devo assolutamente imparare a farla, non posso sempre commissionarla alle amiche! Meglio che non ti parli di tutto il resto, ma ho come punto fermo la crescita de L’Oceano nell’Anima e vorrei continuare a far conoscere Il Viaggio e… riaggiungo che è appena stato pubblicato il mio primo romanzo IL RICHIAMO. E’ bellissimo, meraviglioso, stratosferico (sarò abbastanza obiettiva?) in tutta la sua semplicità. Credo che il suo punto di forza sia la semplicità che laddove sappia avvincere, diventa originalità descrittiva. Incrocia le dita per me”.
“Certo che incrocio le dita! L'arcobaleno ha sette colori. Quali sono le sette parole che potrebbero rendere più interessante una poesia?”.
Sono quelle non scritte, quelle che fanno capolino tra le righe e che si lasciano scoprire dal lettore, grazie alla sua capacità interpretativa e interagente con l’autore. Soprattutto chi fa poesia deve saper trasmettere il non detto, il non svelato; è la differenza fondamentale tra poesia e prosa”.
“E se tu potessi scegliere, con quale colore dell'arcobaleno dipingeresti il tuo futuro?”.
Blu, assolutamente, in tutte le sue sfumature e variabili. Blu come i Puffi che guardavo ogni giorno con i miei bambini. Come il cielo, come il mare, blu come blu. Immensità, grandi spazi. Blu come l’amore immenso che ho per i miei figli. Blu come la tua infinita pazienza”.
“Quando si ascolta con interesse, lo si fa senza pazienza, ma con piacere… Grazie Maria Teresa”.
                                                                         Elisabetta Ciavarella