venerdì 16 giugno 2017

Maria Teresa Infante intervista Elisabetta

Inter-svista a Elisabetta Ciavarella, a cura di Maria Teresa Infante. Perché a “noi ci piace”ridere

“Conosciamo il tuo lato pubblico. Vorremmo conoscere anche il lato B, (così sale l’attenzione e leggono l’intervista). Chi è Elisabetta Ciavarella quando non veste abiti da giornalista?”.
Sono una semplicissima persona, umile e cortese con tutti”.

“E che abiti veste sotto quelli da giornalista e da donna? Nero o bianco, tigrato o leopardato, coulotte o brasiliane? Puoi avvalerti della facoltà di non rispondere, ma poi cala l’audience”.
Preferisco intimo di pizzo nero”.

“Tacchi (fino a che cm resisti?)/ o mocassini e/o running? Riesci stringere a dovere i lacci? Dovendo scegliere; allacciare o sciogliere? Preferisci tenere stretto qualcuno ad ogni costo o lasciare andare, seppur con sofferenza?”.
I tacchi li resisto fino alle stelle…sono persino abituata a guidare con i trampoli. Ma mi trovo maggiormente comoda con le zeppe, soprattutto in estate.
Non mi piace avere scarpe con i lacci, perché mi danno un senso di costrizione. Preferisco sciogliere e mai tenere stretto qualcuno. Non esiste proprio nella mia indole”.

“Ricordo una vecchia pubblicità del Carosello, forse primi anni ’60 con la bellissima Virna Lisi ‘Lei con quel sorriso può dire ciò che vuole’. Il sorriso di Elisabetta ammalia; la bellezza quanto aiuta in una professione a contatto con il pubblico?”.
Forse da giovanissima consideravo l’estetica una carta da saper giocare. Oggi non lo credo più. A mio avviso, in una professione, conta molto il sapersi destreggiare caratterialmente. Un atteggiamento astioso o imbronciato, non potrebbe arrivare lontano. Ma c’è una carta, ormai ho compreso… con cui si  arriva ancora più lontano! La raccomandazione. Con o senza sorriso”.

“Sei stata più amata o hai più amato? Hai lasciato o sei stata lasciata? Insomma facci sapere un po’ di quelle banalità stile romanzi di Liala. Sarà che leggiamo Catullo, Sepulveda e Montale, ma quanto ci garba impicciarci!”.
Non ho una vita sentimentale ingarbugliata, mi spiace deludere la tua curiosità… Sono insieme alla stessa persona da quando non ero ancora maggiorenne”.

“Come ama Elisabetta. Cuore/mente  (secondo te è il cuore che mente o è la mente che non ha cuore?),
Figliola, quante volte al giorno, o a settimana, o al mese…
Forse conosco la risposta, gli scrittori scrivono di notte!”


Amo solo con il cuore, anche se credo che l’amore nasca prima da un incontro tra due menti. Poi le menti arretrano ed entrano in gioco svariati sentimenti. L’amore lo considero complesso. Per il resto, vuoi sapere troppo…”.

“Torniamo seri. Perché il giornalismo? Passione, ripiego, casualità, o fede nel potere della parola?”.
Volevo diventare giornalista sin da bambina. Ho ancora in un cassetto il mio primo tema scolastico in cui affermavo questo desiderio. Per la parola invece, credo che abbia un grandissimo potere  e quando si traduce in uno scritto, diventa un’espressione incommensurabile”.

“Se si potesse, in quale donna del passato vorresti reincarnarti? A proposito, credi nella metempsicosi?”.
Se si potesse, preferirei reincarnarmi in una tranquilla cortigiana, dedita alla lettura.
Non credo assolutamente nella metempsicosi”.

“Potremmo reincarnarci anche in un animale. Quale sceglieresti? Non ti chiedo in quale uomo altrimenti decadrebbe la risposta nr 2”.
Se proprio dovessi reincarnarmi in un animale, preferirei in un gabbiano, per i miei sogni su ed oltreoceano”.

“Il tuo rapporto con Dio”.
A volte conflittuale. Purtroppo non riesco a trovare una risposta all’infinita cattiveria di cui l’uomo può essere capace, oltre all’invidia”.

“Il tuo rapporto con il cibo. Dolce o salato. Gelato al cioccolato (senza Pupo) o alla frutta per prevenire i devastanti effetti menopausa a cui siamo irrimediabilmente destinate? Non è che i maschietti se la passino meglio con le pancette “over cintola”, è che loro non vestono i tubini!”.
Non ho mai amato mangiare la carne, sin da ragazzina. La evito del tutto Per la frutta devo sforzarmi di mangiarla, perché non mi piace particolarmente. Via libera a pizze, taralli e formaggi. Invece, ahimè, per i dolci vado pazza…e di tutti i tipi!”.

“Il tuo rapporto con me dopo questo scherzo che ti ho combinato, sarà ancora possibile prendere un gelato al cioccolato insieme? Magari aggiungiamo il pistacchio. E magari una bella spruzzata di panna. E la cialda… e si paga alla romana, come sempre. Che poi chi lo dice che  ‘sta povera romana preferiva pagarsi le cene da sola?’. Secondo me è una voce messa in giro da qualche maschietto dal braccino corto. Sarà che sono di parte, ma quanto mi piace l’uomo che offre. Lo considero un gesto di attenzione e di eleganza.  E tu?”.
D’accordo, vada per il gelato al cioccolato e pistacchio, ma per me senza panna. Per l’uomo che offre, non so, sono più per la parità. Una volta a testa già per me sarebbe giusto”.


Ciao Elisabetta e grazie!
Grazie a te Maria Teresa!






domenica 21 maggio 2017

Intervista a Maria Teresa Infante

La poesia è un potente mezzo di comunicazione tra il corpo e lo spirito”, Maria Teresa Infante si racconta

Maria Teresa Infante, di San Severo, in provincia di Foggia, non solo è una bellissima donna, ma ha tutte le armi per combattere e destreggiarsi nel labirintico mondo letterario, oltre ad una sensibilità innata e un piglio intelligente che sa sfoderare con fascino mentre interloquisce. Sarà sicuramente uno di quei nomi che si ricorderanno tra gli scrittori della cittadina pugliese.
Una persona fin troppo umile, fregiata di titoli ed onorificenze ben meritati. Organizzatrice di eventi culturali e artistici a cui sa presenziare con padronanza linguistica, compostezza ed eleganza, nonché membro di Giuria di vari concorsi poetici. Attualmente vice Presidente dell’Associazione Culturale L’Oceano nell’Anima e Responsabile del settore editoriale della stessa, L’Oceano Edizioni. Collaboratrice del giornale Il Corriere di San Severo e di vari siti telematici.
I suoi scritti sono stati inseriti in svariate Antologie. Tra i numerosissimi premi ricevuti, difficili da elencare, nel 2015 il Premio giornalistico Mario Dell’Arco/Accademia G. Belli; nel 2016 il Premio Zingarelli per la poesia inedita con Senz’alba (mai nato) ed il Premio Lupo sez. Narrativa 2016 con il racconto Il richiamo – L’appartenenza. Il 25 novembre 2016 Amnesty International sceglie due versi di Agnese, poesia sullo stupro da parte del branco, inserita nella silloge C’è sempre una ragione, come simbolo contro la violenza di genere. I versi sono stati impressi sul MURO a Busto Arsizio, insieme ad opere di artisti e scoperti durante l’inaugurazione.
“Maria Teresa, tra le tue pubblicazioni?”.
Ho pubblicato 4 sillogi poetiche di cui, l’ultima IL VIAGGIO  (ediz Oceano) che è stata anche tradotta in Serbia, con il titolo Oblaci i tišina ed ho pubblicato come curatrice e ideatrice una trilogia contro la violenza di genere Ciò che Caino non sa, un progetto durato tre anni con pubblicazioni annuali, sottotitoli: La Tela di Penelope 2014; Odi et amo 2015; Amore e Psiche 2016, che ha coinvolto circa 150 autori sparsi nell’intera penisola. Adrenalinica invece per il mio primo romanzo 'Il Richiamo', Oceano Edizioni, appena pubblicato e annunciato in anteprima al Circolo Unione di Lucera, durante la presentazione dell'antologia letteraria del Premio Lupo 2016 (dal Presidente Pasquale Frisi), in cui è contenuta la versione ridotta che fu premiata lo scorso anno. Era nell'aria un romanzo tutto mio, dopo le varie incursioni con racconti brevi in antologie di narrativa ed ho voluto esordire partendo da ciò che più conosco e mi appartiene: storie del Sud, storie di casa, tra realtà e fantasia. Un richiamo nel riconoscerci, ricordando".
“Ricordi quando hai iniziato a creare con la tua penna?”.
Sai Elisabetta, si fa sempre fatica a stabilire un inizio perché le cose accadono in maniera naturale, senza che ce ne rendiamo conto, se non quando siamo già ben addentrati nel cammino. La mia penna inizialmente era la mente, creava da sempre ma non riusciva a trovare la chiave di lettura dei miei pensieri né la maniera per concretizzarli. Tante cose erano chiare, sapevo cosa avrei voluto dire, ma non sapevo come. Siamo abituati a vederci come carne e ossa e magari un paio di scarpe nuove, consideriamo le elucubrazioni mentali un optional; possono esserci o meno, sembra essere ininfluente. Fin quando non ti accorgi di essere scollegata da te stessa se non trovi un senso per abitare il tuo corpo. Per caso mi sono avvicinata alla poesia, scoprendo che poteva essere sfiorata e non solo adorata o odiata, come ai tempi della scuola e ho intuito la sua immensa capacità espressiva. La poesia è un potente mezzo di comunicazione tra il corpo e lo spirito, un ponte che mette in contatto me e l’altra parte di me; così ho trovato il collegamento tra corpo e mente. L’Io è diventato servitore, alla sua mercé. La penna  non ha fatto altro che armare la mano, animata da un impulso sconosciuto. Emmm .. brevemente: ho cominciato a mettere su carta circa 10 anni fa, tenendo tutto sotto chiave, poi è arrivata la vena d’incoscienza”.
“Hai altre passioni oltre alla scrittura?”.
Ne avevo tante, ma la scrittura le ha falciate tutte: egoista, egocentrica penna o tastiera! Mi ha, però, risparmiato la lettura, senza la quale non vivrei. Ho sempre ‘divorato’ libri; trovo adatta questa espressione in quanto i libri da leggere non sono mai stati abbastanza nella mia vita, compiendo tutto l’iter, da Topolino e Minnie ai grandi classici e quando rimanevo a secco, riprendevo i testi scolastici per rinverdire la memoria. Tra le mie vecchie passioni c’è il volley praticato per circa 12 anni e nei ritagli di tempo amavo pattinare. Mi piaceva suonare la chitarra, ma ho dovuto rinunciarvi ben presto; inutile, non era nelle corde delle mie dita, sempre sofferenti. Altra grande passione la pizza, le sfogliatelle napoletane e i cannoli siciliani (e così ho unito l’Italia meglio di Garibaldi)”.
“Quali sono i momenti più propizi per scrivere?”.
Sono esattamente le 2,36 in questo momento. Per ascoltarmi ho bisogno di silenzio e della luce notturna; la notte ha una luce che il giorno non ha. Illumina la coscienza, gli spazi più profondi del tuo essere, in cui sei veramente e solo tu, spazzando via tutto il resto. La notte ti riporta in te stessa, ti restituisce la libertà ricercata. In questo momento siamo io e te, è come essere sedute l’una di fronte all’altra, vivo la situazione; ecco, di notte io vivo e sento qualunque cosa scriva. Non saprei fare altrimenti, se non sento, non ascolto le voci, non scrivo”.
“Il lettore va conquistato. Cosa credi che possa maggiormente sedurlo: una frase in cui possa sognare immedesimandosi nello scritto o una frase che possa ricordargli qualcosa di bello e di brutto o in entrambi i casi?”.
Quando scrivo non penso mai che qualcuno in seguito possa leggermi altrimenti non riuscirei ad essere vera, inoltre scrivo sempre di getto, su qualunque argomento, mai prefissato, ma frutto di una necessità del momento, che sia poesia o prosa. Mai nulla è studiato o pensato e accade che condivida i miei pensieri anche a distanza di mesi laddove lo reputi necessario, quindi mai programmato. La condivisione diventa motivo di confronto e arricchimento; è socializzante, aggregante. E poi tu parli di seduzione… son passati i bei tempi, chi vuoi che seduca, ormai, alla mia veneranda età?”.
“Ti sottovaluti… Oggi molti si cimentano nella scrittura. Qual è lo scoglio maggiore che un autore incontra nella pubblicazione di una sua opera?”.
Lo scoglio maggiore è la scelta di una casa editrice che segua l’autore, soprattutto se esordiente, perché oggi pubblicare è diventato relativamente semplice visto il proliferare di editori. Il richiedente, disorientato, spesso cede a lusinghe e promesse che puntualmente vengono disattese e nonostante cifre di tutto rispetto corrisposte, viene lasciato in balia di se stesso. Ne fui vittima alla mia prima pubblicazione quindi so di cosa parlo. Dopo aver pagato non risposero più neanche alle mail o alle telefonate e non ebbi mai neanche la miseria delle percentuali sulle vendite. Nessuna tutela. Esiste un marasma generale poco regolamentato, ma è anche vero che le grandi case editrici non aprono le porte agli esordienti, non vogliono rischiare nulla e non vanno più a caccia di talenti da scoprire, puntano sulle certezze dei soliti noti, che a loro volta campano di rendita, non raramente deludendo il lettore. Il lettore non è stupido, ha bisogno di nuovi stimoli e originalità. L’esordiente resterà esordiente a vita, anche se non gli mancherà lo spazio per i suoi lettori; per fortuna il mondo è vasto e vario. Basta sapersi accontentare, restare con i piedi saldamente piantati a terra. D’altronde scrivere è un piacere, una passione, quando arrivano i riconoscimenti è tutta manna dal cielo”.
“L'Associazione l'Oceano nell'Anima, che ti vede partecipe, come si pone nei confronti degli autori?”
L’Oceano Edizioni nasce proprio con l’intento di avvicinarsi agli autori e rendere loro accessibile il mondo delle pubblicazioni, mantenendo allo stesso tempo, standard di serietà e professionalità. Siamo relativamente giovani e questo ci motiva ad operare al meglio nel cercare ogni volta di migliorarci, ma, aspetto non trascurabile è che abbiamo un volto e un nome -non siamo un’entità- con un progetto editoriale trasparente e chiaro fin dai primi approcci e siamo a diretto contatto con i nostri autori, interagendo continuamente nelle varie fasi della lavorazione del testo. La disponibilità nel seguire e consigliare l’autore credo sia fondamentale”.
“Nella tua opera d'esordio Il Viaggio, tratti diversi viaggi. C'è un viaggio che sogni di fare? Ed un viaggio che vorresti percorrere, ma sai che sarà impossibile?”.
Un titolo che è tutto un programma, un tema proposto spesso nella letteratura antica e che io ho amato riprendere, perché pur nell’omologazione, l’originalità dipende dal nostro modus operandi; mi spiego: in tanti hanno sempre parlato del viaggio interiore, ma ogni percorso individuale è unico nella sua specificità, col suo dilatarsi nello spazio e nel tempo, con conoscenze assolutamente soggettive. Se ho un viaggio nel cassetto? Non uno, ma mille, meglio abbondare. Alcuni li ho intrapresi da tempo e non so ancora dove mi porteranno; in fondo l’importante è partire; alcuni si sono arenati e chissà, ma difficilmente mi volto indietro. Credo che ciò che non è stato non lo sarà mai. Inoltre non ho un posto particolare che desideri visitare; mi sento a casa in ogni luogo”.
“Quali sono i tuoi impegni attuali? E futuri?”.
La pastiera napoletana! Devo assolutamente imparare a farla, non posso sempre commissionarla alle amiche! Meglio che non ti parli di tutto il resto, ma ho come punto fermo la crescita de L’Oceano nell’Anima e vorrei continuare a far conoscere Il Viaggio e… riaggiungo che è appena stato pubblicato il mio primo romanzo IL RICHIAMO. E’ bellissimo, meraviglioso, stratosferico (sarò abbastanza obiettiva?) in tutta la sua semplicità. Credo che il suo punto di forza sia la semplicità che laddove sappia avvincere, diventa originalità descrittiva. Incrocia le dita per me”.
“Certo che incrocio le dita! L'arcobaleno ha sette colori. Quali sono le sette parole che potrebbero rendere più interessante una poesia?”.
Sono quelle non scritte, quelle che fanno capolino tra le righe e che si lasciano scoprire dal lettore, grazie alla sua capacità interpretativa e interagente con l’autore. Soprattutto chi fa poesia deve saper trasmettere il non detto, il non svelato; è la differenza fondamentale tra poesia e prosa”.
“E se tu potessi scegliere, con quale colore dell'arcobaleno dipingeresti il tuo futuro?”.
Blu, assolutamente, in tutte le sue sfumature e variabili. Blu come i Puffi che guardavo ogni giorno con i miei bambini. Come il cielo, come il mare, blu come blu. Immensità, grandi spazi. Blu come l’amore immenso che ho per i miei figli. Blu come la tua infinita pazienza”.
“Quando si ascolta con interesse, lo si fa senza pazienza, ma con piacere… Grazie Maria Teresa”.
                                                                         Elisabetta Ciavarella


domenica 23 aprile 2017

Intervista ad Antonio Infuso

Antonio Infuso ed “Il commissario Vega

Il commissario Vega – Indagine di sola andata” è l’avvincente romanzo d’esordio di Antonio Infuso, pubblicato il 31 marzo 2015, con ben oltre 3.000 copie vendute.
Ma conosciamo meglio l’autore.
Antonio Infuso è un giornalista torinese, laureato al Dams/Cinema, attualmente addetto stampa di un ente locale.
“Antonio, come hai iniziato a scrivere?”.
A dire il vero esercito la professione giornalistica da oltre trent’anni; ho fatto anche, in passato, lo speaker radiofonico. Spesso ho sentito la voglia di scrivere un romanzo, ogni volta rinviando il tutto. Un giorno però, per scommessa con una mia amica, ho trovato la giusta ispirazione che mi ha spinto a creare una storia avvincente”.
“Che tipo di romanzo è il tuo?”.
È un giallo dove si intrecciano personaggi e storie parallele, con immancabili colpi di scena finali”.
“Il tuo commissario è un tipo che incuriosisce. Com’è nato?”.
I padri letterari di Vega sono Marlowe, Callaghan, il western, il poliziotto di Izzo, il noir mediterraneo e tutta la generazione moderna, letteraria, cinematografica e televisiva. Il cinema è molto presente nel mio racconto, soprattutto a livello di rimandi celati”.
“Perché proprio un investigatore?”.
Perché ritengo che in tale personaggio si riversi tutta la morale collettiva. La gente vuole e si aspetta che l’investigatore agisca in un certo modo. I margini d’azione poi, nel tempo, si sono ampliati. Il crimine è diventato più violento e gratuito, questo lo dicono anche i veri investigatori, quindi pure il commissario Vega può permettersi di sconfinare oltre la legge per fare giustizia ed essere accettato comunque dalla morale generale. In fondo, e questo credo sia molto importante, gli scrittori e gli artisti non devono essere al servizio di chi la storia la fa, ma devono essere al servizio di chi la storia la subisce. E spesso le persone comuni sono lontane dal regime imperante del politically correct. Vega è un poliziotto cinico e determinato, canaglia ma alla ricerca della verità, ironico ma anche umano; perciò, ha un elevato senso della giustizia. Solo che, a differenza di quasi tutti i commissari della letteratura italiana, risolve le cose anche in modo violento o illegale. Un giustiziere anarcoide e una simpatica canaglia direi, con un certo sex-appeal. Il mio commissario inoltre è melomane, suona il pianoforte, è cintura nera di Kung fu, scruta le stelle, non ama le gerarchie e il potere, ma ha un notevole istinto investigativo. Insomma, possiede tutte le caratteristiche per catalizzare i guai”.
“Dove è ambientato il tuo romanzo?”.
A Torino, che è la mia città e che ritengo sia bellissima, sensuale, romantica. magica e dannata; perfetta per un’ambientazione noir. Conosco angoli nascosti di Torino ed un paio di essi li ho anche inseriti nel racconto in modo piuttosto realistico, per contestualizzare meglio la storia e per coinvolgere ed incuriosire il lettore torinese e non. Torino è una sorta di colonna sonora del racconto, a livello emotivo. Così come la musica che è molto presente”.
“Perché il nome Vega?”
La scelta di questo nome per il mio commissario, non è affatto casuale. Ha a che fare con la stella che si chiama così. Ma richiama anche Zorro, che in realtà si chiamava Diego De La Vega, la cantante Suzanne Vega e Vincent Vega, il personaggio interpretato da John Travolta in Pulp Fiction. Inoltre è un nome che può funzionare a livello internazionale, non si sa mai…
“In futuro?”.
Per il momento sto godendo ancora il plauso dei lettori che mi gratificano con le loro attenzioni ed apprezzamenti per le emozioni che dona la mia storia. Ciò non toglie che vorrei scrivere un altro racconto ad impronta fantascientifica e perché no, concludere il ciclo con una sorta di trilogia di VegaÈ già pronta una seconda avventura, sempre ambientata a Torino, con Vega sulle tracce di un serial killer. Spero esca entro l'inizio del 2018”.

Un noir dunque, ricco di colpi di scena, avvincente e scandito dalla musica. Uno di quei romanzi che potrebbero ben adattarsi ad una serie televisiva, con l’augurio che sia un sogno che possa davvero avverarsi.

                                                                                         Elisabetta Ciavarella

mercoledì 5 aprile 2017

Intervista a Stefano Regolo

Tempi duri, tempi dello Sfasciafamiglie

Vi chiederete chi sia mai lo Sfasciafamiglie! Scopriremo insieme allora se l’autore di quest’opera esilarante si dissoci o meno da tal figura. Si tratta di Stefano Regolo, uno scrittore all’esordio con il suo primo romanzo.
Nato 38 anni fa a Brindisi, dichiara di aver nutrito fin dall'infanzia un grande interesse verso le storie.
“Quali storie ti affascinavano maggiormente?”.
Amavo stare ad ascoltare le storie dei miei nonni. Perlopiù erano racconti risalenti a episodi di vita passati. Storie di miseria, ma anche vicende bizzarre, condite di diversi elementi fantasiosi. La mia è stata un'infanzia fantastica, consumata in tante serate estive nella nostra casa in campagna”.
“E dopo?”.
Tutto mi sembrava possibile in quei tempi. E con il passare degli anni ho conservato tale consapevolezza. Poi l'incontro con la mia maestra delle elementari: la signorina Lolli. Una donna fiorentina che sembrava uscita fuori da un film della Disney, tipo Mary Poppins. È stata lei a guidare i miei passi negli straordinari sentieri della letteratura. Cominciai a leggere i libri più svariati, riuscendo a incamerare quell'energia esplosiva tipica di chi della letteratura non ne può fare più a meno. Pane, Nutella, Stephen King e non solo!”.
“Come ti sei avvicinato invece alla scrittura?”.
Ad un certo punto, cominciai a scrivere delle storie, perlopiù brevi, che avrei tanto desiderato leggere in libreria. Andò proprio così… Anni ed anni di letture e di esercizi sulla carta, fino a creare uno stile tutto mio. Anche se alla fine, tutti i narratori, siano essi famosi o meno, tendono sempre a ispirarsi a uno o più modelli”.
“Arriva quindi la tua prima opera”.
Sì, Lo sfasciafamiglie - Chi cerca la santità trova un divorzio è il mio primo romanzo. Narra le vicende di un uomo che fin da bambino sogna di diventare Santo. Conduce una vita pura, astenendosi da rapporti sessuali, alcool e divertimento. Ma i santi o gli aspiranti tali, di qualcosa devono pure tirare a campare. Ecco allora che egli sfrutta la sua dote di portare sfiga alle coppie, creandosi una professione. Ovvero diviene un risolutore delle controversie sociali, volgarmente chiamato sfasciafamiglie, facilitando la rottura nei rapporti. Non sai come lasciare tuo marito? Vuoi evitare inutili e logoranti discussioni?. Contatti lui. La sue vicende procedono lungo questo sentiero fino a quando, il protagonista, Santino, non fa saltare in aria il matrimonio sbagliato. Il matrimonio di un mafioso. È una storia leggera, frizzante, che sa tanto di commedia all'italiana. Del resto, le mie narrazioni partono sempre da un interrogativo e dalle conseguenti risposte ad esso. Risposte che spesso, sono rappresentate da uno o più paradossi e la storia che ne viene fuori è il ricamo narrativo che si viene a creare intorno”.
“Non credi che anche un social come facebook, in un certo senso, possa risultare uno sfasciafamiglie?"
Il mondo dei social ha cambiato inevitabilmente le modalità di interazione sociale, e con esse, di conseguenza, ha mutato non di poco la quotidianità giornaliera; Mark Zuckerberg ha fatto in modo che ci mettessimo tutti dentro una vetrina espositiva. Nessuno è al riparo, Nessuno, o quasi, può alzare la mano, facendo finta di non essere dentro tutto questo. Facebook può fungere anche da sfasciafamiglie, ma tutto dipende dall'intenzionalità dell'utente e dal suo stesso grado di insoddisfazione relazionale”.
“Quale ritieni allora, possa essere un buon antidoto per mantenere intatta la coesione familiare?”.
Credo che la comunicazione reale sia il miglior antidoto alle tentazioni (o presunte tali) che vengono fuori dai nostri belli e costosissimi smatphone. Ogni giorno assisto a scene grottesche, che mai si sarebbero verificate fino a qualche anno fa. Gruppi di ragazzi in un pub, e tutti quanti con il telefono in mano, consumati da una conversazione virtuale mentre l'amico affianco aspetta infastidito il suo momento di giusto chiacchiericcio. E così vale anche per le famiglie che si ritrovano a consumare il pranzo all'interno delle quattro mura domestiche. Per la serie: Parlate con la bocca e fate l'amore con l'anima”.
“Scusa la mia domanda un po' impertinente, ma tu, riusciresti ad impersonare uno sfasciafamiglie, ad esempio per una donna che ti coinvolga oltre i limiti, oppure nella realtà ti dissoci e discosti da tale figura?" .
Lo sfasciafamiglie, quello vero, è Santino Capareola. Lungi da me la volontà di sostituirlo (sorrido)”.
                                                          Elisabetta Ciavarella


giovedì 2 marzo 2017

Intervista2 a Mariano Ciarletta

Mariano Ciarletta e la sua video poesia

Mariano Ciarletta è un ventiduenne salernitano che esordisce con il suo primo romanzo noir nel settembre del 2013, Rami nel buio, l’esorcismo di Amanzio Evenshire. Un racconto in cui l’autore, accanto al paranormale, inserisce temi come l’amore, l’amicizia e la fratellanza.  Seguiranno altre opere, ma Mariano coltiva anche un’altra grande passione, la poesia.
In una mia precedente intervista, ha dichiarato che: “La poesia è un modo attraverso cui, in pochi versi, riesco a trasmettere la malinconia, il dolore e temi come la solitudine umana”.
Il suo ultimo lavoro è “Acquitrini”, una poesia che parla di speranza e di puri riflessi ormai sconosciuti all'uomo. L'autore per primo mette in discussione la sua umanità andando alla ricerca di quell'arcana purezza che si sposa con l'antico riflesso degli acquitrini accarezzati dal sole.

"Quando hai aperto un canale YouTube?".
Ho aperto il mio canale ufficiale circa tre anni fa e ormai è parte integrante della mia attività poetica. La poesia, come molti ben sanno, è un'arte alquanto elitaria che gode di un pubblico di nicchia e di conseguenza il numero delle copie vendute, in termini cartacei, raramente sale a numeri elevati. Il canale youtube è un ottimo mezzo per permettere agli artisti, ed in particolare ai poeti, di farsi conoscere dal pubblico del web”.
“Quale utilità o cambiamento hai riscontrato nella registrazione di video poesie?".
Registrando i videoclip di poesia ho sicuramente migliorato la mia capacità interpretativa. Ricordo che, quando iniziai con il mio primo video, ero alquanto impacciato e non riuscivo a seguire alla perfezione gli ordini del video maker. Con il passare del tempo e tanta pratica invece, ho assunto una maggiore dimestichezza con le telecamere. Inoltre, la collaborazione con Nicola Surace, regista di Acquitrini è stata per me altamente significativa e formativa. Ritengo, dunque, sia importante mettersi in gioco e sperimentare varie forme, attraverso cui l'arte può essere diffusa”.



                                                                                Elisabetta Ciavarella

venerdì 13 gennaio 2017

Intervista ad Enzo Quaranta

L’amore per la vita… quando non si smette di sognare
Enzo Quaranta, poeta e scrittore contemporaneo

“Come hai iniziato a scrivere Enzo?”.
Fu proprio da ragazzo che scoprii il mio amore per la lettura e la scrittura”.
“Dove ti piaceva studiare?”.
Trascorrevo interi pomeriggi, immerso nello studio, in un luogo silenzioso e dall’atmosfera surreale. La Biblioteca Comunale. Mi piaceva sfogliare quei libri colmi di polvere…”.
Eh sì, la Biblioteca di Torremaggiore era davvero un luogo suggestivo… non posso che concordare, essendone  rimasta affascinata personalmente.
Ed è proprio a Torremaggiore che Enzo Quaranta nasce, come ultimo di tre fratelli.
Laureatosi in Economia e Commercio con il massimo dei voti, ha svolto vari e diversi incarichi di insegnamenti universitari. Cultore della materia in Economia Aziendale, Economia delle Aziende e delle Amministrazioni Pubbliche, Programmazione e Controllo e Management Pubblico presso l'Università degli Studi di Foggia, nonchè Ispettore della Guardia di Finanza.
“Cosa ami particolarmente del tuo lavoro e cosa no?”.
Se la domanda riguarda il mio lavoro di appartenente alla Guardia di Finanza e dottore di ricerca universitario, amo tutto! Il lavoro di finanziere, da molti visto in maniera negativa, ha a mio avviso dei risvolti sociali importanti. Difatti il nostro compito è quello di aiutare a stabilire una maggiore equità sociale attraverso la ricerca dell’evasione fiscale. E questo mi rende orgoglioso del mio lavoro. Come dottore di ricerca universitario poi, adoro studiare e poter insegnare.
Per quanto riguarda la mia passione di scrivere invece, la considero un hobby. Scrivere per me ha una funzione egoista. È un modo per conoscersi meglio e per far emergere sentimenti e sensazioni che spesso celiamo. Ecco, io scrivo perché per me è terapeutico. Se piace agli altri ne sono contento, ma se non dovesse piacere lo farei lo stesso”.
“Anche in politica hai ricoperto diversi incarichi, come Consigliere Comunale e addirittura come viceSindaco di Torremaggiore. Perché oggi si odiano un po’ tutti i politici?”.
Sinceramente non lo so! Non vorrei avventurarmi in analisi sociologiche che non mi competono e che non saprei fare. Certo c’entra la situazione di difficoltà economica e sociale in cui viviamo. Se il popolo è in sofferenza ed è insoddisfatto è chiaro che se la prende con la classe politica che lo rappresenta. Se il popolo non ha difficoltà, elogia i propri rappresentanti. Quindi l’astio che vi è nei confronti della classe politica oggi è più che comprensibile. Di certo però a volte la cura è peggiore del male… Nel senso che questa disaffezione e voglia di cambiamento travolge la classe politica nella sua interezza e si riversa verso populisti che poi alla prova dei fatti non hanno alcuna capacità politica e di amministrazione. Non tutto ciò che è nuovo è anche buono. È come se io ti chiedessi: Se stai male vai dal miglior specialista medico o ti fai curare dal primo che passa? Ecco in politica dovrebbe valere la stessa cosa”.

Tornando alla produzione letteraria, Enzo Quaranta, ha partecipato anche a numerose pubblicazioni in materie scientifiche, amministrative e legali. Dilettandosi nella scrittura di poesie, ha ricevuto tantissimi premi nazionali, classificandosi spesso al primo posto in Concorsi Letterari, come al Premio Poesia dell’anno, sezione D, Quartu Sant’Elena, 2014 ed è stato insignito di  innumerevoli Menzioni, Encomi, Targhe e Premi.
“Enzo, ogni volta che ricevi un premio, qual è il tuo primo pensiero?”.
Sicuramente resto stupito, perché come ho detto, ho iniziato a scrivere per me stesso. Vedere poi che i miei pensieri possano piacere ad altri è sicuramente una sensazione piacevole. Si, mi fa piacere ricevere riconoscimenti perché presuppongono che qualcuno apprezza ciò che scrivo”.
“Il tuo primo romanzo, Sempre X Sempre (Aletti Editore), presentato in diverse città è vincitore di premi.  Narra la storia di un amore struggente, che si conclude con un ultimo incontro in cui i protagonisti sono consapevoli che la forza delle emozioni vissute sopravviverà alla morte. È una trama davvero toccante. Ma un amore, per restare eterno, credi debba coniugarsi anche alla passione?”.
Nel romanzo che ho scritto Sempre x sempre affronto il tema dell’amore giovanile, quello ricco di passione, quello travolgente, quello che ti fa sentire perennemente ubriaco. Credo che spesso identifichiamo l’amore con la passione. Così spesso la passione finisce e riteniamo che finisca anche l’amore. Io credo invece che l’amore sia un sentimento in divenire. È un sentimento che muta con il tempo e con le circostanze.  È  amore quel sentimento che ti fa sentire completo solo se condividi la tua vita con la persona che ami. Quindi amore e passione, per me, non sono sinonimi. Sia chiaro, io vivo di passioni ed in un rapporto di coppia la passione è sicuramente importante. Ma credo che l’amore sia qualcosa di diverso…
Con la silloge “Memories” (La Rupe Mutevole), Enzo ha ricevuto il premio di Finalista al Concorso Internazionale di Poesia e Letteratura La biglia verde”, (2015) ed il premio di Finalista al Premio Internazionale Michelangelo Buonarroti, Sezione poesia edita, Seravezza, (2015). 
“Nella tua silloge Memories, razionalità e creatività si fondono. In un amore in cui il cuore ama, ma la ragione glielo impedisce, il cuore da solo, può farcela?”
Anche questo è un tema dibattuto da secoli. Il rapporto tra Psiche e Cupido resta un tema affrontato da tanti, ma sempre attuale. Per come considero l’amore io, bisogna sempre seguire il cuore. L’amore è di per sé un sentimento irrazionale. Si insinua nei posti e nei luoghi sbagliati. Non ha nulla a che fare con la razionalità. Spesso facciamo scelte razionali, ma senza amore, che ci condannano ad essere infelici. Io credo che bisogna seguire il cuore; farsi trascinare dai sentimenti rende la vita meravigliosa, piena di colori. L’alternativa è spesso una vita grigia. “Lentamente muore chi non capovolge il tavolo, chi non rischia il certo per l’incerto”. Seguire il cuore spesso significa fare scelte rischiose, ma sono ossigeno per la nostra anima”. 
“Nel tuo terzo libro, Preso dagli impegni ho dimenticato di vivere, (Intermedia Edizioni), racconti in modo più o meno fantasioso ricordi dell’infanzia e rifletti sulla bellezza delle cose semplici. Oggi cosa possiamo fare per avvicinarci e cogliere quel senso della vita che sembra sfuggirci?”
Ho scritto un racconto sul senso della vita. Per me il senso della vita è legato al concetto di serenità che a sua volta è sinonimo di semplicità. Siamo spesso tutti, me compreso, presi da tanti impegni, dal lavoro, dalla voglia di far carriera e di emergere, che trascuriamo noi stessi e le persone che ci amano. E siamo sistematicamente insoddisfatti pur avendo tutto. Perdiamo il senso della vita. Solo di fronte a dei lutti improvvisi o delle brutte notizie ci fermiamo a riflettere su quanto sia sottile il filo che congiunge la vita con la morte. Per vivere bene credo, dobbiamo riscoprire il concetto di semplicità, che ci può aiutare a ritrovare l’armonia con noi stessi e con il mondo che ci circonda. Questo è il mio senso della vita, che, chiaramente, ho difficoltà a realizzare, ma aspiro a farlo. E sono convinto, come dico nell’introduzione del mio libro “Preso dagli impegni ho dimenticato di vivere” (che come vedi già dal titolo affronta proprio quest’argomento), che ognuno di noi dia un senso alla vita rispetto a ciò che gli manca nella vita reale”.

Poesie dalle note romantiche e suggestive quelle di Enzo Quaranta, che riescono ad elevarsi come un’ode magica a decantare la nostra amata esistenza.
Una sua poesia mi ha particolarmente colpita: “Ho smesso”.
Ho smesso di credere alle fate, ho smesso di rincorrere falsi miti... seppur ho smesso di fare molte cose, non ho smesso di sognare e di amare e per questo sono certo di non aver smesso di vivere”.

Certo, caro scrittore. Non hai smesso di vivere e non smetterai mai di essere immortale come tutti coloro che amano, sognano e inneggiano alla vita. Con il cuore e con l’anima. Come te.  
(www.enzoquaranta.it)            

                                                                              Elisabetta Ciavarella