domenica 23 aprile 2017

Intervista ad Antonio Infuso

Antonio Infuso ed “Il commissario Vega

Il commissario Vega – Indagine di sola andata” è l’avvincente romanzo d’esordio di Antonio Infuso, pubblicato il 31 marzo 2015, con ben oltre 3.000 copie vendute.
Ma conosciamo meglio l’autore.
Antonio Infuso è un giornalista torinese, laureato al Dams/Cinema, attualmente addetto stampa di un ente locale.
“Antonio, come hai iniziato a scrivere?”.
A dire il vero esercito la professione giornalistica da oltre trent’anni; ho fatto anche, in passato, lo speaker radiofonico. Spesso ho sentito la voglia di scrivere un romanzo, ogni volta rinviando il tutto. Un giorno però, per scommessa con una mia amica, ho trovato la giusta ispirazione che mi ha spinto a creare una storia avvincente”.
“Che tipo di romanzo è il tuo?”.
È un giallo dove si intrecciano personaggi e storie parallele, con immancabili colpi di scena finali”.
“Il tuo commissario è un tipo che incuriosisce. Com’è nato?”.
I padri letterari di Vega sono Marlowe, Callaghan, il western, il poliziotto di Izzo, il noir mediterraneo e tutta la generazione moderna, letteraria, cinematografica e televisiva. Il cinema è molto presente nel mio racconto, soprattutto a livello di rimandi celati”.
“Perché proprio un investigatore?”.
Perché ritengo che in tale personaggio si riversi tutta la morale collettiva. La gente vuole e si aspetta che l’investigatore agisca in un certo modo. I margini d’azione poi, nel tempo, si sono ampliati. Il crimine è diventato più violento e gratuito, questo lo dicono anche i veri investigatori, quindi pure il commissario Vega può permettersi di sconfinare oltre la legge per fare giustizia ed essere accettato comunque dalla morale generale. In fondo, e questo credo sia molto importante, gli scrittori e gli artisti non devono essere al servizio di chi la storia la fa, ma devono essere al servizio di chi la storia la subisce. E spesso le persone comuni sono lontane dal regime imperante del politically correct. Vega è un poliziotto cinico e determinato, canaglia ma alla ricerca della verità, ironico ma anche umano; perciò, ha un elevato senso della giustizia. Solo che, a differenza di quasi tutti i commissari della letteratura italiana, risolve le cose anche in modo violento o illegale. Un giustiziere anarcoide e una simpatica canaglia direi, con un certo sex-appeal. Il mio commissario inoltre è melomane, suona il pianoforte, è cintura nera di Kung fu, scruta le stelle, non ama le gerarchie e il potere, ma ha un notevole istinto investigativo. Insomma, possiede tutte le caratteristiche per catalizzare i guai”.
“Dove è ambientato il tuo romanzo?”.
A Torino, che è la mia città e che ritengo sia bellissima, sensuale, romantica. magica e dannata; perfetta per un’ambientazione noir. Conosco angoli nascosti di Torino ed un paio di essi li ho anche inseriti nel racconto in modo piuttosto realistico, per contestualizzare meglio la storia e per coinvolgere ed incuriosire il lettore torinese e non. Torino è una sorta di colonna sonora del racconto, a livello emotivo. Così come la musica che è molto presente”.
“Perché il nome Vega?”
La scelta di questo nome per il mio commissario, non è affatto casuale. Ha a che fare con la stella che si chiama così. Ma richiama anche Zorro, che in realtà si chiamava Diego De La Vega, la cantante Suzanne Vega e Vincent Vega, il personaggio interpretato da John Travolta in Pulp Fiction. Inoltre è un nome che può funzionare a livello internazionale, non si sa mai…
“In futuro?”.
Per il momento sto godendo ancora il plauso dei lettori che mi gratificano con le loro attenzioni ed apprezzamenti per le emozioni che dona la mia storia. Ciò non toglie che vorrei scrivere un altro racconto ad impronta fantascientifica e perché no, concludere il ciclo con una sorta di trilogia di VegaÈ già pronta una seconda avventura, sempre ambientata a Torino, con Vega sulle tracce di un serial killer. Spero esca entro l'inizio del 2018”.

Un noir dunque, ricco di colpi di scena, avvincente e scandito dalla musica. Uno di quei romanzi che potrebbero ben adattarsi ad una serie televisiva, con l’augurio che sia un sogno che possa davvero avverarsi.

                                                                                         Elisabetta Ciavarella

mercoledì 5 aprile 2017

Intervista a Stefano Regolo

Tempi duri, tempi dello Sfasciafamiglie

Vi chiederete chi sia mai lo Sfasciafamiglie! Scopriremo insieme allora se l’autore di quest’opera esilarante si dissoci o meno da tal figura. Si tratta di Stefano Regolo, uno scrittore all’esordio con il suo primo romanzo.
Nato 38 anni fa a Brindisi, dichiara di aver nutrito fin dall'infanzia un grande interesse verso le storie.
“Quali storie ti affascinavano maggiormente?”.
Amavo stare ad ascoltare le storie dei miei nonni. Perlopiù erano racconti risalenti a episodi di vita passati. Storie di miseria, ma anche vicende bizzarre, condite di diversi elementi fantasiosi. La mia è stata un'infanzia fantastica, consumata in tante serate estive nella nostra casa in campagna”.
“E dopo?”.
Tutto mi sembrava possibile in quei tempi. E con il passare degli anni ho conservato tale consapevolezza. Poi l'incontro con la mia maestra delle elementari: la signorina Lolli. Una donna fiorentina che sembrava uscita fuori da un film della Disney, tipo Mary Poppins. È stata lei a guidare i miei passi negli straordinari sentieri della letteratura. Cominciai a leggere i libri più svariati, riuscendo a incamerare quell'energia esplosiva tipica di chi della letteratura non ne può fare più a meno. Pane, Nutella, Stephen King e non solo!”.
“Come ti sei avvicinato invece alla scrittura?”.
Ad un certo punto, cominciai a scrivere delle storie, perlopiù brevi, che avrei tanto desiderato leggere in libreria. Andò proprio così… Anni ed anni di letture e di esercizi sulla carta, fino a creare uno stile tutto mio. Anche se alla fine, tutti i narratori, siano essi famosi o meno, tendono sempre a ispirarsi a uno o più modelli”.
“Arriva quindi la tua prima opera”.
Sì, Lo sfasciafamiglie - Chi cerca la santità trova un divorzio è il mio primo romanzo. Narra le vicende di un uomo che fin da bambino sogna di diventare Santo. Conduce una vita pura, astenendosi da rapporti sessuali, alcool e divertimento. Ma i santi o gli aspiranti tali, di qualcosa devono pure tirare a campare. Ecco allora che egli sfrutta la sua dote di portare sfiga alle coppie, creandosi una professione. Ovvero diviene un risolutore delle controversie sociali, volgarmente chiamato sfasciafamiglie, facilitando la rottura nei rapporti. Non sai come lasciare tuo marito? Vuoi evitare inutili e logoranti discussioni?. Contatti lui. La sue vicende procedono lungo questo sentiero fino a quando, il protagonista, Santino, non fa saltare in aria il matrimonio sbagliato. Il matrimonio di un mafioso. È una storia leggera, frizzante, che sa tanto di commedia all'italiana. Del resto, le mie narrazioni partono sempre da un interrogativo e dalle conseguenti risposte ad esso. Risposte che spesso, sono rappresentate da uno o più paradossi e la storia che ne viene fuori è il ricamo narrativo che si viene a creare intorno”.
“Non credi che anche un social come facebook, in un certo senso, possa risultare uno sfasciafamiglie?"
Il mondo dei social ha cambiato inevitabilmente le modalità di interazione sociale, e con esse, di conseguenza, ha mutato non di poco la quotidianità giornaliera; Mark Zuckerberg ha fatto in modo che ci mettessimo tutti dentro una vetrina espositiva. Nessuno è al riparo, Nessuno, o quasi, può alzare la mano, facendo finta di non essere dentro tutto questo. Facebook può fungere anche da sfasciafamiglie, ma tutto dipende dall'intenzionalità dell'utente e dal suo stesso grado di insoddisfazione relazionale”.
“Quale ritieni allora, possa essere un buon antidoto per mantenere intatta la coesione familiare?”.
Credo che la comunicazione reale sia il miglior antidoto alle tentazioni (o presunte tali) che vengono fuori dai nostri belli e costosissimi smatphone. Ogni giorno assisto a scene grottesche, che mai si sarebbero verificate fino a qualche anno fa. Gruppi di ragazzi in un pub, e tutti quanti con il telefono in mano, consumati da una conversazione virtuale mentre l'amico affianco aspetta infastidito il suo momento di giusto chiacchiericcio. E così vale anche per le famiglie che si ritrovano a consumare il pranzo all'interno delle quattro mura domestiche. Per la serie: Parlate con la bocca e fate l'amore con l'anima”.
“Scusa la mia domanda un po' impertinente, ma tu, riusciresti ad impersonare uno sfasciafamiglie, ad esempio per una donna che ti coinvolga oltre i limiti, oppure nella realtà ti dissoci e discosti da tale figura?" .
Lo sfasciafamiglie, quello vero, è Santino Capareola. Lungi da me la volontà di sostituirlo (sorrido)”.
                                                          Elisabetta Ciavarella