sabato 12 marzo 2016

Intervista a Stefano Peres

 Stefano Peres, frattalista per passione

Di Colloredo di Monte Albano, in provincia di Udine, Stefano Peres si è interessato alla pittura da sempre.
Mio padre collezionava quadri di artisti che conosceva e ho avuto modo di visitare anche i luoghi dove essi operavano”, tiene a precisare.
“Quando hai iniziato ad esporre?”.
Ho iniziato nel ’92, con quadri di piccolo formato, in una collettiva organizzata dal centro culturale I Contemporanei ed ho partecipato a varie manifestazioni. Nel ’99 Pier Mario Ciani mi fece fare però una mia personale a Udine”.
“Cosa significa per te creare?”.
Creo per hobby. Esprimermi con il colore per me è sicuramente più congeniale che rivelarmi con le parole. Prendo sempre l’ispirazione da qualcosa che accade, ricercando l’armonia tra le cose che mi circondano e me stesso. Un desiderio di certezze che mi porta ad essere affascinato dalle macchie, che formano giochi di ombre e luci e da certe spaccature dei frattali, che tendo a comporre in insiemi che mi diano, attraverso la loro illusione, qualcosa di tangibile (visi, occhi, animali, nuvole, ecc…) Nella formazione di un frattale inoltre, tento di trasfondere il senso ‘magico’ che mi aveva originariamente colpito, in modo che il fruitore possa a sua volta scoprire (svelare) il mio intento”.
“Quali colori utilizzi?”.
Uso colori acrilici. Il colore che mi piace molto è il blu avio, ma spesso uso colori scuri. Mi piace studiare la casualità dei frattali perché ritengo che l'arte stia proprio nell'interpretazione”.
“Cosa ti ispira maggiormente?”.
Mi ispirano innanzitutto la curiosità e la voglia di provare a vedere cosa viene fuori dalla casualità dei colori. Il quadro, infatti, cambia in base al clima; non esce mai la stessa figura!
“Il colore della felicità?”.
La felicità, secondo me, la puoi trovare in qualsiasi colore. Basta saper cogliere le sfumature. Il giallo però, trovo che sia un colore molto armonioso e luminoso".
“C’è stato un avvenimento che hai vissuto e che ti ha segnato”.
Sì, la sera del 6 maggio del ’76, quando avevo appena 11 anni, mentre mi trovavo  a  casa  e  guardavo  la  TV,  mia  madre  si  è  rivolta  ai  clienti  del  bar, dicendo  loro di aver  sentito  tremare  la  terra.  Qualcuno  rispose che forse si trattava di un grosso incidente in strada. Ma niente. Purtroppo dopo, la  seconda  scossa  che  ha  provocato  989  morti.  Mi sono ritrovato sotto il  tetto  della  mia abitazione, e la caviglia destra  fratturata. Estratto  dalle  macerie, mi portarono all’ospedale di Udine, dove sopraggiungevano  persone  di  continuo  e,  nella  confusione, operandomi, mi  hanno  lasciato  un pezzo  di  stoffa  del  calzino,  nella  ferita.  Per  15  gg.  mi  pulivano  l’infezione  che  si formava  continuamente,  ma alla  fine  i  medici  avevano  deciso  di  tagliarmi  il  piede,  senza dirmi  nulla.  Fortunatamente, mentre  me  lo  stavano  amputando,  si  sono  accorti  che  la  causa dell’infezione  era  dovuta  al  pezzo  di  stoffa  dimenticata  all’interno. A  mia  madre  il  dottore  disse  che  l’errore  fu  suo  e  per  colpa  di  questo,  la  gamba  dal ginocchio  in  giù  non  sarebbe  cresciuta  più  e  così  avvenne,  dicendole  anche che  avrebbe compreso  se  l’avessero  denunciato,  ma  i  miei  genitori  non  lo  fecero,  perché  compresero che nel caos provocato dal terremoto, poteva succedere di sbagliare!”.
“Come mai hai incontrato Cossiga?”.
 “Il  Ministro  degli  Interni  in  quel  periodo,  era  il  futuro  Presidente  della Repubblica  Cossiga che avevo  visto  solo  in  televisione.  Per  questo  rimasi  molto stupito  quando,  all’Ospedale  di  Udine,  sono  arrivati  in  visita  Francesco  Cossiga  e  Aldo Moro.  È  possibile  che  fuori  piovesse  forte  quel  giorno  perché  il  mio  primo  ricordo  di quei  due,  dal  mio  letto  d’ospedale,  è  quello  dei  loro  impermeabili  fradici  e  della  piccola pozzanghera  che  si  era  formata  immediatamente  sotto  la  punta  dell’ombrello.  L’allora ministro  Cossiga,  prima  dell’intervento  (mentre  Aldo  Moro  parlava  con  un  ragazzo  di Osoppo),  sarà  rimasto  a  confortarmi  per  più  di  1  ora  e  mezza,  cercando  di  convincermi che  l’intervento  non  mi  avrebbe  fatto  male.  Mi  spiegò  a  lungo  come  i  medici  avrebbero agito,  infatti andò tutto bene ed otto anni dopo  Cossiga  volle  incontrarmi  di  nuovo.
“Hai anche coniato un termine, vero?”.
Sì, ho partecipato ad un gioco/contest indetto dalla famosa Enciclopedia Treccani che invita i lettori a coniare nuovi termini. Il mio ‘balzeccare’, ovvero azzeccare al balzo”.
Dunque un artista, Stefano Peres, dalle molteplici risorse. Per avere un’idea dei suoi frattali, il link da visitare:
                                                                                                                        Elly

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