venerdì 25 marzo 2016

Intervista a Luciano Pompilio

(Foto di Giuseppe Massa)

Luciano Pompilio, musicista dei nostri tempi

Un artista con una passione innata, Luciano Pompilio, quella per la musica.
“Vero Luciano?”.
Sì, in effetti sin da piccolo, essendo rimasto orfano di mio padre che è venuto a mancare per un incidente quando avevo solo 6 mesi, ho avvertito il bisogno di rifugiarmi nella musica, per trovare conforto e sollievo”.
“Come sei passato alla chitarra?”.
Mi venne regalata da Matteo, mio fratello. Iniziai a suonare a 12 anni da autodidatta, brani di musica leggera e poi passai a quelli di musica brasiliana. Ma fu proprio ascoltando alla tele il concerto di un chitarrista classico, anche se non ricordo chi fosse, che scoppiò in me la voglia di imparare a suonare la chitarra classica. Iniziai quindi a prendere prima lezioni privatamente da un maestro e dato che avevo 16 anni, età limite per sostenere l’esame di ammissione al Conservatorio, tentai…”.
“E come andò?”.
Arrivai primo ed iniziò il mio percorso”.
“E dopo il Conservatorio?”.
Ho frequentato l’Arts Academy a Roma con il Maestro Stefano Palamidessi che mi ha trasmesso importanti insegnamenti sui vari linguaggi della musica. Inoltre ho avuto l’accesso a molti corsi di perfezionamento all’interno dell’Accademia con Alberto Ponce, David Russell, Manuel Barrueco, Hopkinson Smith ed altri a cui sono grato per ciò che mi hanno trasmesso”.
“Ora invece stai camminando da solo. Sei anche un insegnante. Cosa trasmetteresti in particolare ai tuoi alunni?”
Che è importantissimo dedicarsi allo studio con costanza e dedizione, ma non basta saper suonare bene uno strumento e conoscere le tecniche alla perfezione”.
“Allora cosa pensi sia fondamentale?”.
Credo che sia rilevante suscitare un’emozione in chi ascolta. Prima è fondamentale possedere una tecnica solida. Bisognerebbe studiare tanto la tecnica, scale, arpeggi legati… così da raggiungere un livello che possa permettere poi di affrontare qualsivoglia brano musicale e con la maturità, dedicarsi quindi all’aspetto musicale ed emozionale”.
“Cosa pensi del Conservatorio come scuola?”.
Credo che il Conservatorio con il nuovo ordinamento, disorienti un po’ i ragazzi. Troppe materie e meno tempo da dedicare allo studio dello strumento”.
“Hai un sodalizio artistico?”.
Sì, ho suonato per molto tempo insieme al Maestro Giuseppe Caputo. Subito dopo il Conservatorio ci siamo incontrati per caso. Abbiamo vinto più di 30 concorsi, tra cui Montelimar, il più importante al mondo per duo. Grazie a quest’ultimo importante concorso siamo stati invitati nei maggiori festival internazionali. Abbiamo realizzato 6 cd ed organizzato 12 edizioni del Festival Internazionale di chitarra Città di Manfredonia. Abbiamo suonato per ben venti anni insieme! Dal 1994 al 2014, ma da due anni abbiamo sospeso il nostro duo per via di alcune cure a cui Giuseppe si sta sottoponendo per la sua salute. Spero si rimetta al più presto”.
“E da solista ora come ti trovi?”.
"Credo che la figura del solista abbia il suo fascino e devo dire che mi piace anche e soprattutto perché ho la possibilità di essere libero di interpretare durante il concerto”.
“Attualmente hai inciso un cd da solo?”.
Sì, un cd dove ho inserito brani di Iannarelli, Bach e Barrios, brani amati da tutti. Il brano di Simone Iannarelli, Tribute, lo amo particolarmente ed infatti, così ho intitolato il mio cd. Iannarelli è non solo un compositore italiano che vive da tanti anni in Messico, è anche un mio amico ed ho voluto rendergli omaggio”.
”Impegni futuri?”.
Diversi concerti in Spagna, Germania, Cina ed anche in Italia sia come solista che in duo con un violinista. Sto inoltre preparando un programma con un soprano e con il Rimsky Korsakov String Quartett di Sanpietroburgo abbiamo realizzato un cd live che verrà pubblicato a breve. Invece il mio cd lo presenterò in diverse località italiane. Il 2 aprile a Trieste, il 3 a Roma, il 16 a Lucera, il 17 a San Giovanni Rotondo. Poi l’8  maggio a Como nella villa del poeta Fogazzaro e chiuderò il 20 maggio a Francoforte in Germania”.
                                                                                                  Elisabetta
                                                                                                                                                          

(Foto di Giuseppe Massa)

sabato 12 marzo 2016

Intervista a Stefano Peres

 Stefano Peres, frattalista per passione

Di Colloredo di Monte Albano, in provincia di Udine, Stefano Peres si è interessato alla pittura da sempre.
Mio padre collezionava quadri di artisti che conosceva e ho avuto modo di visitare anche i luoghi dove essi operavano”, tiene a precisare.
“Quando hai iniziato ad esporre?”.
Ho iniziato nel ’92, con quadri di piccolo formato, in una collettiva organizzata dal centro culturale I Contemporanei ed ho partecipato a varie manifestazioni. Nel ’99 Pier Mario Ciani mi fece fare però una mia personale a Udine”.
“Cosa significa per te creare?”.
Creo per hobby. Esprimermi con il colore per me è sicuramente più congeniale che rivelarmi con le parole. Prendo sempre l’ispirazione da qualcosa che accade, ricercando l’armonia tra le cose che mi circondano e me stesso. Un desiderio di certezze che mi porta ad essere affascinato dalle macchie, che formano giochi di ombre e luci e da certe spaccature dei frattali, che tendo a comporre in insiemi che mi diano, attraverso la loro illusione, qualcosa di tangibile (visi, occhi, animali, nuvole, ecc…) Nella formazione di un frattale inoltre, tento di trasfondere il senso ‘magico’ che mi aveva originariamente colpito, in modo che il fruitore possa a sua volta scoprire (svelare) il mio intento”.
“Quali colori utilizzi?”.
Uso colori acrilici. Il colore che mi piace molto è il blu avio, ma spesso uso colori scuri. Mi piace studiare la casualità dei frattali perché ritengo che l'arte stia proprio nell'interpretazione”.
“Cosa ti ispira maggiormente?”.
Mi ispirano innanzitutto la curiosità e la voglia di provare a vedere cosa viene fuori dalla casualità dei colori. Il quadro, infatti, cambia in base al clima; non esce mai la stessa figura!
“Il colore della felicità?”.
La felicità, secondo me, la puoi trovare in qualsiasi colore. Basta saper cogliere le sfumature. Il giallo però, trovo che sia un colore molto armonioso e luminoso".
“C’è stato un avvenimento che hai vissuto e che ti ha segnato”.
Sì, la sera del 6 maggio del ’76, quando avevo appena 11 anni, mentre mi trovavo  a  casa  e  guardavo  la  TV,  mia  madre  si  è  rivolta  ai  clienti  del  bar, dicendo  loro di aver  sentito  tremare  la  terra.  Qualcuno  rispose che forse si trattava di un grosso incidente in strada. Ma niente. Purtroppo dopo, la  seconda  scossa  che  ha  provocato  989  morti.  Mi sono ritrovato sotto il  tetto  della  mia abitazione, e la caviglia destra  fratturata. Estratto  dalle  macerie, mi portarono all’ospedale di Udine, dove sopraggiungevano  persone  di  continuo  e,  nella  confusione, operandomi, mi  hanno  lasciato  un pezzo  di  stoffa  del  calzino,  nella  ferita.  Per  15  gg.  mi  pulivano  l’infezione  che  si formava  continuamente,  ma alla  fine  i  medici  avevano  deciso  di  tagliarmi  il  piede,  senza dirmi  nulla.  Fortunatamente, mentre  me  lo  stavano  amputando,  si  sono  accorti  che  la  causa dell’infezione  era  dovuta  al  pezzo  di  stoffa  dimenticata  all’interno. A  mia  madre  il  dottore  disse  che  l’errore  fu  suo  e  per  colpa  di  questo,  la  gamba  dal ginocchio  in  giù  non  sarebbe  cresciuta  più  e  così  avvenne,  dicendole  anche che  avrebbe compreso  se  l’avessero  denunciato,  ma  i  miei  genitori  non  lo  fecero,  perché  compresero che nel caos provocato dal terremoto, poteva succedere di sbagliare!”.
“Come mai hai incontrato Cossiga?”.
 “Il  Ministro  degli  Interni  in  quel  periodo,  era  il  futuro  Presidente  della Repubblica  Cossiga che avevo  visto  solo  in  televisione.  Per  questo  rimasi  molto stupito  quando,  all’Ospedale  di  Udine,  sono  arrivati  in  visita  Francesco  Cossiga  e  Aldo Moro.  È  possibile  che  fuori  piovesse  forte  quel  giorno  perché  il  mio  primo  ricordo  di quei  due,  dal  mio  letto  d’ospedale,  è  quello  dei  loro  impermeabili  fradici  e  della  piccola pozzanghera  che  si  era  formata  immediatamente  sotto  la  punta  dell’ombrello.  L’allora ministro  Cossiga,  prima  dell’intervento  (mentre  Aldo  Moro  parlava  con  un  ragazzo  di Osoppo),  sarà  rimasto  a  confortarmi  per  più  di  1  ora  e  mezza,  cercando  di  convincermi che  l’intervento  non  mi  avrebbe  fatto  male.  Mi  spiegò  a  lungo  come  i  medici  avrebbero agito,  infatti andò tutto bene ed otto anni dopo  Cossiga  volle  incontrarmi  di  nuovo.
“Hai anche coniato un termine, vero?”.
Sì, ho partecipato ad un gioco/contest indetto dalla famosa Enciclopedia Treccani che invita i lettori a coniare nuovi termini. Il mio ‘balzeccare’, ovvero azzeccare al balzo”.
Dunque un artista, Stefano Peres, dalle molteplici risorse. Per avere un’idea dei suoi frattali, il link da visitare:
                                                                                                                        Elly