“Un
romanzo per sorridere e non arrendersi”
Gino
Sciagura e I ragazzi delle Casermette
Leggere
un libro a volte può risultare divertente e spassoso, a volte
malinconico, ma se per alcuni scritti il tempo impiegato nella
lettura diventa piacevole, per altri sembra proprio non dover passare
mai.
Un
libro quello che ho letto invece, “I ragazzi delle
Casermette”, che all’inizio non immagino dovesse
entusiasmarmi tanto. Non credevo di doverlo leggere tutto di un fiato
e che storie così avvincenti potessero lasciarmi una tale curiosità
dal sospendere alcune azioni quotidiane, a volte anche necessarie,
per sedermi e capire come e dove andassero a finire certe vicende…
Complice
di questa voglia di lettura sicuramente il linguaggio semplice, con
frasi brevi e descrizioni sì minuziose, ma immediate, tanto da
trascinare una lettrice come me, a volte distratta da altri pensieri,
in situazioni da vivere quasi in prima persona.
Il
fatto poi di essere un libro autobiografico e di aver conosciuto
personalmente l’autore, ha accresciuto ulteriormente talune
curiosità, del tipo “Possibile che sia capitato proprio questo
all’autore?”.
E
lo incontro nuovamente...è Gino Sciagura, uno
scrittore foggiano alla sua prima prova letteraria.
“Gino,
come mai la nascita di questo libro?”.
“Veramente
ho sempre desiderato scriverlo… lo avevo già ben in
mente, solo che non avevo il tempo, ma quando ho potuto, mi sono
subito messo all’opera”.
“Il
tuo scritto parla di una storia vera, quale?”.
“Sì,
tratta del periodo dopo il secondo conflitto mondiale, quando a causa
della miseria in cui vennero a trovarsi alcune famiglie, ci fu la
possibilità per circa duecento di esse di essere
alloggiate nella parte inutilizzata delle Casermette di Foggia. Lì
il mio incontro con un ragazzo affetto da un problema di disabilità
che mi ha insegnato e trasmesso moltissime cose, tra cui la forza e
la caparbietà nell’affrontare le situazioni difficili, la speranza
affinché tutto si risolva sempre per il meglio e
soprattutto il coraggio… ricordo quanto fosse estremamente
valoroso, nonostante la sua condizione”.
“Eh
lo so Gino... certe scene mi hanno
commossa... Invece l’altra figura che compare
nel tuo libro, cioè il Capitano, cosa ti ha insegnato?”.
“Il
Capitano mi ha aiutato a comprendere la vita e sebbene fossi solo un
ragazzino, ha fatto sì che non mi arrendessi e trovassi quella
coscienza per affrontare situazioni che solo un piccolo ‘uomo’
avrebbe potuto accettare”.
“Sono
curiosissima se ci sarà un seguito”.
“Al
momento lo sto elaborando...”.
“Allora
ti auguro di pubblicarlo al più presto! Devo anche
confessarti che, leggendo una frase sull’ultima
pagina del libro… (lo so non si dovrebbe mai
leggere prima la fine…) appare una tua
considerazione in cui affermi che mentre pensi che sia impossibile
lasciare il posto dove sei nato, così come gli amici, all’improvviso
tutto può cambiare, prima non capivo, poi ne ho
compreso il perché...”.
“ Certo
Elisabetta, la natura ha pensato a tutto, anche a dotare l’uomo di
un senso di sopportazione e di adattamento che nei momenti di
sconforto e di dolore serve a dare oblìo e a superare
i momenti più difficili. Tutto cambia, tutto
può cambiare nella vita… questa è la regola e
bisogna adattarsi”.
“Grazie
Gino per l’insegnamento...”
Elisabetta
Ciavarella
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