venerdì 6 aprile 2018

Intervista a Gino Sciagura

Un romanzo per sorridere e non arrendersi
Gino Sciagura e I ragazzi delle Casermette

Leggere un libro a volte può risultare divertente e spassoso, a volte malinconico, ma se per alcuni scritti il tempo impiegato nella lettura diventa piacevole, per altri sembra proprio non dover passare mai.
Un libro quello che ho letto invece, “I ragazzi delle Casermette”, che all’inizio non immagino dovesse entusiasmarmi tanto. Non credevo di doverlo leggere tutto di un fiato e che storie così avvincenti potessero lasciarmi una tale curiosità dal sospendere alcune azioni quotidiane, a volte anche necessarie, per sedermi e capire come e dove andassero a finire certe vicende…
Complice di questa voglia di lettura sicuramente il linguaggio semplice, con frasi brevi e descrizioni sì minuziose, ma immediate, tanto da trascinare una lettrice come me, a volte distratta da altri pensieri, in situazioni da vivere quasi in prima persona.
Il fatto poi di essere un libro autobiografico e di aver conosciuto personalmente l’autore, ha accresciuto ulteriormente talune curiosità, del tipo “Possibile che sia capitato proprio questo all’autore?”.
E lo incontro nuovamente...è Gino Sciagura, uno scrittore foggiano alla sua prima prova letteraria.

Gino, come mai la nascita di questo libro?”.
Veramente ho sempre desiderato scriverlo… lo avevo già ben in mente, solo che non avevo il tempo, ma quando ho potuto, mi sono subito messo all’opera”.

Il tuo scritto parla di una storia vera, quale?”.
Sì, tratta del periodo dopo il secondo conflitto mondiale, quando a causa della miseria in cui vennero a trovarsi alcune famiglie, ci fu la possibilità per circa duecento di esse di essere alloggiate nella parte inutilizzata delle Casermette di Foggia. Lì il mio incontro con un ragazzo affetto da un problema di disabilità che mi ha insegnato e trasmesso moltissime cose, tra cui la forza e la caparbietà nell’affrontare le situazioni difficili, la speranza affinché tutto si risolva sempre per il meglio e soprattutto il coraggio… ricordo quanto fosse estremamente valoroso, nonostante la sua condizione”.

Eh lo so Gino... certe scene mi hanno commossa... Invece l’altra figura che compare nel tuo libro, cioè il Capitano, cosa ti ha insegnato?”.
Il Capitano mi ha aiutato a comprendere la vita e sebbene fossi solo un ragazzino, ha fatto sì che non mi arrendessi e trovassi quella coscienza per affrontare situazioni che solo un piccolo ‘uomo’ avrebbe potuto accettare”.

Sono curiosissima se ci sarà un seguito”.
Al momento lo sto elaborando...”.

Allora ti auguro di pubblicarlo al più presto! Devo anche confessarti che, leggendo una frase sull’ultima pagina del libro… (lo so non si dovrebbe mai leggere prima la fine…) appare una tua considerazione in cui affermi che mentre pensi che sia impossibile lasciare il posto dove sei nato, così come gli amici, all’improvviso tutto può cambiare, prima non capivo, poi ne ho compreso il perché...”.
Certo Elisabetta, la natura ha pensato a tutto, anche a dotare l’uomo di un senso di sopportazione e di adattamento che nei momenti di sconforto e di dolore serve a dare oblìo e a superare i momenti più difficili. Tutto cambia, tutto può cambiare nella vita… questa è la regola e bisogna adattarsi”.

Grazie Gino per l’insegnamento...”

                                                                    Elisabetta Ciavarella  

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