Alessandro da
Soller ed Il segreto del torrione
Nel suo libro “Il segreto del torrione”, Alessandro da Soller narra di Massimo Pocuzzi,
capo della Procura di Roma, che si tuffa in un’indagine imprevedibile. Il
capitano dei carabinieri Fulvia Nello e l’ex Col Moschin Marco Denni trovano
uno scheletro umano in una chiesa mitraica sotto la Basilica di Santa Maria in
Trastevere. In un crescendo di retroscena e passaggi al fulmicotone, Cia, KGB,
Servizi Segreti e Vaticano, trasportano in un giallo fantapolitico che svela
segreti inconfessabili sullo sfondo della millenaria capitale…
Interessato alla vita, Alessandro da
Soller, ha studiato ragioneria, ottica, scienze politiche e geografia
rendendosi conto però in età matura che quello che lo interessava di più era
invece la storia contemporanea. Allievo di Gian Franco Lami, ha
approfondito negli anni i trattati sulla storia della scuola di Francoforte, ma
anche gli scritti di Voegelin, per
passare poi allo studio dell’ideologia che permise la nascita delle varie
formazioni terroristiche italiane degli anni settanta e del complottismo
internazionale.
“Alessandro, quando e come è iniziata la
tua passione per la scrittura e quale tipo prediligi?”
“ La passione per la scrittura inizia da giovane, attorno ai venti anni. Mi divertivo a riempire i post it con cui avevo tappezzato una parte della mia stanza con pensieri, opinioni ed estemporanee
rubate da momenti di vita, drammi e pensieri volanti. La cosa iniziò per
gioco, per poi sfociare in un interesse collettivo che prese anche i
miei amici. Ognuno che passava a casa mia scriveva qualcosa su un
foglietto. Spesso le persone rispondevano dopo alcuni giorni a domande
che erano state loro rivolte. Amo tutti i generi di scrittura, o almeno,
provo a confrontarmi con ogni tipo di argomento. I thriller mi
divertono molto, così come la letteratura in genere. Mi piacciono anche
le biografie”.
“Oltre alla scrittura sei appassionato
di musica. Sei stato allievo di Roberto Ottini, Stefano Cogolo e Roberto
Quattrini. Quale genere musicale ti attrae maggiormente e perché?”.
“Apprezzo diversi generi musicali. Legarsi ad uno solo è
impossibile. Sicuramente tra i miei preferiti ci sono gli stili
jazzistici del Bebop e dell’Hard Bop, il progressive inglese degli anni
settanta, il blues, il funky ed il rock. Da ascoltatore amo tutto quello
che riesce a miscelare tecnica compositiva, ritmo, espressione melodica
e virtuosismo solistico”.
“Il tipo di strumento musicale che più
ti affascina?”.
“Mi affascinano tutti gli strumenti musicali. Ognuno ha la sua storia, le sue peculiarità e le sue difficoltà. Suono il sassofono da molti anni, quindi dovrei
dirti che quello è il mio strumento preferito, ma non sarebbe vero. Amo
molto anche il pianoforte, la chitarra, il contrabbasso e la
batteria”.
“Il tuo libro parla della nostra
Capitale che attualmente si è resa protagonista di vicende fantapolitiche reali…
credi che la realtà dei giorni nostri possa superare persino la fantasia
descritta in un romanzo?”.
“La realtà supera spesso la fantasia e viceversa. Scrivere un
romanzo che parla di un complotto fantapolitico, è semplice in un paese
come il nostro, dove è successo di tutto. Dall’omicidio di uno stimato
politico ai retroscena che si trovano nei meandri di una burocrazia legata a poteri inconfessabili.
Dietro le mura del Vaticano, non sempre si trova la limpidezza che ci si
aspetterebbe”.
“Alessandro, nel 2015, hai scritto un
altro libro, quale?”
“Si,
Anima semiseria. Si tratta di una
raccolta di racconti scritti in questi ultimi tre anni, tra cui diversi hanno
ricevuto dei premi in concorsi letterari. Ne sono 18 ed hanno appunto una trama
semiseria”.
“Sono racconti di vita vissuta?”
“Non
solo, anche fantasticata”.
“Ma quali storie preferisci narrare?”
“Mi
piace molto raccontare storie di vita femminili. Ad esempio vi è un racconto
che si chiama Uno spasimante poco rassegnato,
in cui favoleggio la storia di una ragazza di Tor Pignattara a Roma, una donna
con figlio che ama leggere, ha studiato ed apprezza il buon jazz, ma che al
momento del bisogno, diventa una donna dura. Come quando va a far pagare caro
il comportamento di un ragazzo di famiglia alto borghese che si è permesso di
picchiare una sua amica. Insomma mi piace raccontare di donne che sono
intellettualmente valide, ma sanno anche menar le mani”.
“Le tue storie in questo libro, dunque sono
semiserie. Nella vita, invece come bisognerebbe essere?”
“Penso
che chi non sa scherzare, non sa essere neppure serio!”.
Ellybetta
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